Il Re ribelle
8 9 2023
Il Re ribelle

Il Gesù ebreo

Ogni volta che si prende in mano un libro su Gesù oppure i Vangeli, che cosa cerchiamo? Come disse Gesù alla folla per ben tre volte: che cosa cercate? Questo dice molto su di noi, su quello che siamo e che cerchiamo per dare un senso alle cose. Gesù, nel libro di Giulio Busi presentato a Festivaletteratura, è il re ribelle. Un libro, come anticipa Alessandro Zaccuri che modera l’incontro, legato solo ai Vangeli canonici. Una storia raccontata in quattro modi diversi, che si arricchisce delle loro differenze. E una storia ebraica. Ilenya Goss, pastora della chiesa valdese di Mantova, ha un interesse vitale per la figura di Yehoshua. E il libro non prende le forme né di un saggio né di un romanzo. Si legge con la propria formazione, le proprie domande e le proprie aspettative. Con grande equilibrio, che permette di vedere chiavi di lettura diverse anche senza insistere sul lato teologico. Gesù è un ebreo immerso nel suo tempo, con una sua originalità. Non rimane confinato, esce dal libro ed interroga noi. L’autore ha avuto in Gesù un amico scomodo. E dopo quaranta anni di studio sull’ebraismo è tornato a parlare di questo "amico problematico". Busi conferma che in Gesù c’è solo ebraismo, conflittuale e in ribellione. Ma tutto ebraico. In polemica con un’élite ebraica contro la quale si scontra. E alla fine della scrittura ha ritrovato il suo amico ebreo. Ma perché re? Il tema della regalità è in tutti i Vangeli, la sua predicazione parla sempre di regno. E perché ribelle? Perché il maestro di Nazareth è un re totalmente nuovo. È ribelle rispetto all’idea di regalità umana, rispetto all’idea di potere. Per lui il re è l’ultimo, colui che serve e si mette a disposizione del prossimo. Dirompente dal punto di vista storico, un ribaltamento delle relazioni umane. Un discorso teologico potente che arriva al binomio regalità-divinità. L’obbedienza radicale al Padre lo porta in opposizione al potere per come è considerato sulla terra. E gli altri ebrei cosa hanno capito del suo messaggio, nel suo tempo? La vita di Gesù è un continuo fallimento perché nessuno lo capisce. Gesù continua a sfidare, perché esiste un’altra dimensione che è quella del Padre. Sulla strada della battaglia portata avanti dai profeti che l’hanno preceduto. Ma rimane solo. Quando muore tutti scappano. Un re che si è ribellato ed è stato messo a morte per questo. L’incomprensione dei discepoli è un fatto drammatico ed è ricorrente in tutti i Vangeli. Un qualcosa che si realizza nel presente, ma non viene capito nell’adesso. Gesù continuamente fuori e dentro dal tempo. Sono le donne che lo incontrano per prime dopo la resurrezione. Ma Maria di Magdala non lo riconosce, lo scambia per un giardiniere. E numerosi sono gli episodi con delle donne nei testi, sguardi e immagini in cui il messaggio di Gesù prende una forma tridimensionale molto intensa. In sinagoga a Cafarnao Gesù non è nessuno, viene dal basso. L’unico modo per legittimarsi è attraverso l’esorcismo. La predicazione è solo orale, i discepoli non avrebbero capito degli scritti, e non ha legittimazione ad essere un maestro. Gli esorcismi sono una interazione fondamentale per le persone del tempo, al punto che solo dopo questi fatti da Gerusalemme arrivano per fargli delle domande e lo etichettano come esorcista. Ma demoniaco. Viene quindi privato di ogni prestigio sociale. Arrestato e messo a morte. Scrive con il proprio corpo i suoi insegnamenti. Sulla croce ci sarà solo silenzio. Un silenzio dal basso e dall’alto. Tutto quello che è stato costruito viene silenziato, sconfitto. Ha lottato con forza sempre solo contro il male, non contro gli uomini malvagi. In questo il suo potere è paradossale. E la vittoria arriva con l’abbassamento totale, con la delegittimazione della propria vita terrena. Quindi non solo il dolore fisico, ma quello morale della solitudine totale. Che forse anche noi qualche volta possiamo patire. E solo in questo modo il rinascere della persona coincide con il rinascere del messaggio. L’estrema sconfitta trasforma il messaggio in qualcosa che ancora corre. Viene l’ora ed è adesso. Ma si deve fare silenzio, occorre fare testimonianza al vuoto. Gesù tace mentre viene processato. Il suo tacere, il suo silenzio è quello dentro il quale dobbiamo sprofondare, lasciando perdere il caos che ci circonda. Nel silenzio del dolore e della solitudine totale, ognuno può ritagliarsi uno spazio. Gesù doveva essere messo a tacere, consegnandolo ai Romani nel silenzio più assoluto. Senza nessuna testimonianza. «Chi lo cerca sostiene però che il re ribelle non si sia mai arreso».

Festivaletteratura