Il rischio dell’origliare il vicino
27 8 2018
Il rischio dell’origliare il vicino

Una personale panoramica sugli eventi teatrali a Festivaletteratura

Uno degli aspetti per me più belli di Festivaletteratura è quello di potersi imbattere in autori ed artisti che per noi erano fino ad ora sconosciuti, ma, incuriositi dal titolo o grazie al suggerimento di un amico o perché, più semplicemente abbiamo origliato i commenti del nostro vicino di fila in biglietteria, decidiamo di fare il grande passo, di lanciarci, di andare ad assistere a chissà che cosa, senza aspettative e senza pregiudizi. Il bello, credo, è proprio questo, quello di assumersi il rischio di "assaggiare qualcosa di nuovo" e, magari, capire che forse ci piace e, magari, ci entusiasma. Questa possibilità ci è data facilmente dalla presenza di più di 200 eventi ma la vera sfida è quella di provare a rischiare con ciò che non troverete altrove, in particolare con ciò che sarà "Teatro" al Festival, con alcuni artisti tra i più interessanti della scena contemporanea. Non aspettatevi un teatro di evasione, anche lo spettacolo che sembrerà leggero e divertente, vi farà uscire dalla sala con almeno un pensiero e, sicuramente, con più di un’emozione.

Immaginiamo quindi di essere in fila assieme all’ultimo evento dell’edizione 2018 e io sono il vostro vicino, uno di quelli un po’molesti che spingono e che parlano a voce alta al cellulare, raccontando ciò che ha visto di imperdibile in questi cinque giorni a Mantova. Il bello, però, è che l’edizione 2018 deve ancora iniziare e voi avete ancora questa possibilità di "correre il rischio" di fare scelte sorprendenti!

Inizio con un vero e proprio "gioiellino”, l’evento 11- E' bal ("il ballo") del Teatro delle Albe, spettacolo nato dai versi in dialetto romagnolo del poeta Nevio Spadoni. Impressionante è l’interpretazione del giovane attore Roberto Magnani (formatosi alla "non-scuola" di Marco Martinelli ed Ermanna Montanari) che, col cravattino e col suo bel faccione simpatico, ci racconta una storia di paese, forse di sessant’anni fa o più, dando voce (e corpo) a Ezia, donna dalle origini incerte (si mormora, pensate, che fosse figlia del prete!). La povera Ezia che è stata abbandonata dal fidanzato per una pescivendola, ma che non si rassegna e va di nuovo in cerca dell’amore, tra gli scherni dei compaesani e la penuria di candidati appetibili. Da contrappunto ai versi dell’attore ci sono i suoni “materici” di Simone Marzocchi che, con macchine da cucire e seghe arrugginite, ricreano esattamente le atmosfere della ricerca caparbia di un moroso. Non ci si preoccupi di capire esattamente il testo (che è recitato in un dialetto stretto che Magnani padroneggia in modo straordinario), è quasi come ad essere ad un concerto dove il bello è proprio farsi trascinare dalla musicalità dei suoni e cogliere il gusto delle scene, ché tanto le emozioni arrivano e danno senso a tutto, senza che la ragione intervenga troppo. In ogni caso, al termine dell’incontro, ci penseranno Nevio Spadoni e Roberto Magnani a parlare col pubblico ed, eventualmente, a chiarire ogni dubbio.

Se “ironia” è sinonimo di “intelligenza”, la prova sperimentale la possiamo avere con il lavoro dei Sotterraneo, che forse qualche affezionato del Festival ricorda con lo spettacolo Il giro del mondo in 80 giorni. La compagnia toscana realizza sia un laboratorio comico-teatrale che prende il nome dal loro progetto Homo ridens (evento 16): il riso come catarsi, l’autoironia come modo per affrontare il mondo, la risata come gesto rivoluzionario. Attenzione però perché in questo caso non sarà vero che “il riso abbonda nella bocca degli stolti”, una riflessione su di voi e sugli altri sicuramente ve la portate a casa.

Imperdibile è la loro performance Overload: se il "pre-testo" è un omaggio allo scrittore David Foster Wallace, vedrete che presto lo spettacolo va altrove, diventa “sovraccarico” di stimoli, si trasforma in uno specchio dei nostri comportamenti e del nostro quotidiano in cui l’attenzione, la capacità di approfondire e di entrare nelle cose sembra scemare sempre di più. Si esce con la voglia di rivederlo di nuovo, con la sensazione di essersi divertirti, ma nella mente rimane il dubbio che sul palco, forse, c’eravamo noi. Preparatevi perché il pubblico ha un ruolo importantissimo nel decidere come si svolge lo spettacolo e quale direzione deve prendere; per fortuna gli organizzatori hanno previsto tre repliche (eventi 104, 148, 160) ma non è detto che siano tutte uguali.

Altro progetto interessante è La scrittura in scena, in cui si cerca di porre l’attenzione sulla scrittura scenica, parlando delle tematiche, della tecnica di scrittura dei giovani drammaturghi italiani. Non spaventatevi, non sono incontri per addetti ai lavori o per appassionati, ricordate che le opere di Shakespeare o di Goldoni sono tra gli esempi più alti della letteratura. Gli artisti scelti in questi anni hanno avuto riconoscimenti quali premi UBU ("l’Oscar” del teatro italiano), premi della critica ed hanno iniziato ad essere noti al grande pubblico teatrale. Quest’anno, con la drammaturga Magdalena Barile che conduce gli incontri, a parlare dei loro testi (e anche a recitarli) ci sono la compagnia Timpano/Frosini (evento 39) e la compagnia Deflorian/Tagliarini (evento 147).

Il teatro di Daniele Timpano e di Elvira Frosini è un teatro molto "politico", vengono portati in scena fatti della storia italiana che, purtroppo, sembrano ancora presenti o che hanno forti ripercussioni sull'oggi: si pensi ad Acqua di colonia (sulla campagna in Libia degli italiani nel Ventennio) o Aldo Morto (sul delitto Moro). Timpano e Frosini sono dei veri "provocatori delle coscienze, indagatori delle macchie inconfessabili che si annidano nelle pieghe della nostra cultura progressista e democratica" (Renato Palazzi, critico del Sole 24 Pre), dotati di un’ironia caustica e un’intelligenza velenosa.

Daria Deflorian non è solo una bravissima interprete ma, assieme ad Antonio Tagliarini costruisce spettacoli che non lasciano indifferenti: se l’ultimo lavoro, che debutterà in autunno, è uno spettacolo ispirato a Deserto Rosso di Antonioni, gli stimoli per i loro progetti hanno origini sempre differenti: scrittori quali Petros Markaris (Ce ne andiamo per non darvi altre preoccupazioni), la coreografa Pina Bausch (Rewind), fino ad arrivare ai diari di una casalinga di Cracovia che accumulava oggetti (Reality e ceczy/cose ). Da una "recitazione" che non sembra recitazione ma un semplice condividere riflessioni e ricordi, e, grazie a continue divagazioni, che toccano anche la vita personale degli interpreti, i due attori approfondiscono temi legati alla memoria, al nostro essere contemporaneo.

Pochi sono i fortunati che possono partecipare al laboratorio che proprio Daria Deflorian conduce a Mantova (evento 116): una vera e propria dimostrazione di lavoro in cui si è coinvolti nel trovare e realizzare quel fil rouge che collega il nostro "dire" con l’operazione successiva dello “scrivere".

Un bel ritorno al Festival è quello di Roberto Abbiati che, dopo aver messo Moby Dick in una scatola (Una tazza del mare in tempesta), affronta con sensibile levità una delle pagine più sanguinose della storia coloniale d’Italia: Debra Libanos - il “passato” per le armi (evento 53). Debra Libanos è una città monastica dell’Etiopia dove ottant’anni fa le truppe italiane passarono per le armi quasi duemila etiopi in risposta a un sanguinoso attentato a danno di Rodolfo Graziani, all’epoca Viceré delle colonie orientali. A raccontarci la vicenda, non a caso, è un clown, un cantastorie, uno dei pochi sopravvissuti all’eccidio, sterminati per impedire che potessero trasmettere con i loro racconti ciò che stava accadendo. La poetica tenerezza di Roberto Abbiati ha la capacità di stemperare un tema cruento ma lo fa arrivare ai visceri e al cuore con enorme intensità.

Intensa ed appassionata è anche Patrizia Zappa Mulas, attrice e scrittrice, che porta al Festival il suo Anima animale (evento 54): vi siete mai chiesti perché le parole “anima” e “animale” hanno la stessa radice? Nonostante ciò l’uomo nega che gli animali possano avere un’anima e si sente quindi in diritto di provocare loro sofferenza. Questo il tema che con sensibilità Patrizia Zappa Mulas affronta nel suo monologo, ispirato alla teologia degli animali del grande teologo e biblista Paolo De Benedetti.

Altro strepitoso ritorno a Mantova è quello di Stefano Massini (evento 190), consulente artistico del principale teatro italiano, il Piccolo Teatro di Milano, e uno dei più importanti scrittori e drammaturghi italiani rappresentanti anche all’estero (si veda la sua Lehman Trilogy). Sicuramente chi è rimasto affascinato dai suoi racconti nella trasmissione televisiva “Piazzapulita” non può mancare all’incontro "I cortocircuiti di uno scrittore".

Non hanno poi bisogno di presentazioni Lella Costa che rende spettacolari le Lettere del cuore di Natalia Aspesi (evento 161) e Simonetta Agnello Hornby che porterà in scena con l'aiuto Filomena Campus le storie di violenza domestica che ha dovuto affrontare come avvocato in questi anni (evento 55).

Chi non può fare a meno di incontrare attori noti al grande pubblico trova al Festival, Ascanio Celestini (evento 12), Antonio Albanese (evento 99) e Luigi Lo Cascio (evento 133).

Questi che ho citato sono gli eventi un po’ più "teatrali", non me ne vogliate se ho dimenticato qualcuno, il bello, come scrivevo prima, è proprio quello di “prendersi il rischio” di scoprire autori, eventi, spettacoli per noi nuovi.

Alberto Rigamonti

Festivaletteratura