Il terremoto J.F. Kennedy
6 9 2019
Il terremoto J.F. Kennedy

Piccoli e grandi universi: il punto di vista di Benjamin Taylor

Festivaletteratura sceglie la grande narrativa come bussola per orientarsi nel mondo. A partire dagli Stati Uniti, paese che forse più di ogni altro riflette le contraddizioni del nostro tempo. Estremamente variegata per scelte tematiche e cifre stilistiche è la pattuglia di narratori britannici ospiti a Mantova.


Il 22 novembre del 1963 è la data che ha scosso irrimediabilmente l’America: quel giorno il presidente John Fitzgerald Kennedy è stato ucciso. Benjamin Taylor, allora bambino, si trovava tra la folla che ha assistito al suo ultimo discorso a Forth Woth. Pioveva incessantemente, ricorda lo scrittore texano, e non sapevano se sarebbe stato possibile andare a sentire il presidente. Il tempo però si placò. Se così non fosse stato il discorso non si sarebbe tenuto, se così non fosse stato il tettuccio da cui Kennedy e sua moglie salutavano la folla sarebbe stato chiuso e il proiettile non sarebbe andato a segno. Non andò così e ciò che accadde spezzò la schiena agli americani: fu la fine del sogno americano e l’inizio della perdita delle certezze di una nazione che si avviava verso gli orrori della guerra del Vietnam.

Taylor fu travolto dalla Storia, quella con la S maiuscola, e da quel giorno emerse la consapevolezza per lo scrittore che essa è un flusso, un divenire incessante che include tutti. Che in qualche modo la storia individuale può diventare Storia universale, se la si sa narrare. «La storia la fanno i vincitori, la storia familiare la fanno i sopravvissuti». In che modo? In un dialogo con Gabriele Romagnoli, Taylor riflette sulla memoria, su come non si debba essere scettici nei confronti dei ricordi - ciò che Proust chiama 'memoria volontaria' rivela i fatti proprio per come sono avvenuti.

(caricamento...)

La memoria dà impulso alla volontà di narrare: lo scrittore a distanza di tempo redige Il clamore a casa nostra, un memoir delle vicende quotidiane dei Taylor nei dodici mesi successivi alla data che ha sconvolto l’America, inserite nel contesto della storia della nazione. Tra le riflessioni sulla giovinezza ed aneddoti, la famiglia dell’autore diviene un microcosmo attraverso cui analizzare gli accadimenti che si susseguono negli Stati Uniti.

Intrecciando magistralmente il particolare all’universale, lo scrittore ragiona su come l’America non si dia ancora pace dopo l’uccisione di Kennedy. "Cosa sarebbe successo se..." - questo tormento ha riecheggiato scatenando l’industria del complotto, cercando la risposta ad un mistero che mistero non è: la verità è che non esiste nulla di tutte le congetture. Un fanatico è riuscito ad introdursi sul grattacielo e da qui ha sparato a John F. Kennedy, compiendo un atto sconvolgente.

I presidenti statunitensi assassinati sono stati quattro, ma quelli che vengono ricordati sono Lincoln e Kennedy proprio per l’alone di oscurità che circonda le loro morti, per tutte le vite alternative che sono state elaborate dopo i disastri che hanno travolto la società.


Per chi vuole approfondire il percorso, Festivaletteratura propone:

Evento 61 “Il giorno in cui cambiò l’America” - Evento 109 “Madri e figlie coraggio” - Evento 110 “Per scrivere bisogna essere un camaleonte” - Evento 122 “Reinventare l’America” - Evento 168 “Un sogno coltivato a lungo” - Evento 173 “Contro il virus della noia” - Evento 183 “Il romanzo dalla sceneggiatura perfetta” - Evento 187 “Epica contemporanea” - Evento 189 “Sono femminista, scrivo femminista” - Evento 205 “Il maestro della narrazione”.

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