Il territorio delle possibilità
7 9 2023
Il territorio delle possibilità

Modelli alternativi di urbanità e di futuro

Le aree geografiche interne dell’Italia sono quelle che hanno sofferto di più le scelte compiute in funzione di un modello economico e culturale urbanocentrico oggi entrato in crisi.

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Quell’Italia spesso definita marginale e vuota ha pagato a caro prezzo le conseguenze di precise scelte politiche ed economiche. Eppure, in questi ultimi anni caratterizzati da forti stravolgimenti, proprio questi territori hanno iniziato ad accogliere sempre più persone che non trovano più spazio nelle città. L’Italia dei piccoli paesi montani sta diventando oggi il territorio delle possibilità. A parlarne Sarah Gainsforth – giornalista e ricercatrice indipendente – Antonio De Rossi – architetto e Professore Ordinario di Progettazione architettonica e urbana presso il Dipartimento di Architettura e Design (DAD) del Politecnico di Torino – e Raffaele Spadano – Antropologo del gruppo informale di ricerca Montagne in Movimento nel primo incontro di un ciclo di tre dedicati a diverse realtà in trasformazione fra cui Gagliano Aterno.

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Situato nella Valle Subequana abruzzese, il piccolo borgo di montagna è diventato (s)oggetto di un’esperienza collettiva di “Ritornanti al futuro”. La popolazione di oltre mille abitanti sessant’anni fa, oggi è ridotta a poche centinaia di persone che però hanno avviato un grande lavoro di ricostruzione pubblica attraverso un percorso materiale e immateriale volto ad ottenere il riconoscimento come comunità energetica. Lo spopolamento non è un destino ineluttabile bensì il risultato di deliberate scelte che hanno allontanato le persone dai piccoli centri per riversarle nelle città dove però vivono isolate, frammentate e in spazi geografici e politici sempre più ristretti. Gli agglomerati urbani oggi sono in grado di generare opportunità e benefici solo per i ceti più ricchi e solo entro definiti confini interni ed esterni. Chi ne resta fuori si sente sempre più spesso solo, disconnesso.

Il dato positivo è che gli argini sociali e culturali della visione urbanocentrica non hanno retto l’ondata pandemica accelerando una trasformazione epocale già in corso. Si tratta di uno stravolgimento di quella mentalità, dalle radici profondissime, legata alla rendita immobiliare. Un modello economico che guarda al passato e che valorizza il concetto di eredità oltre ad aggrapparsi a tradizioni spesso inventate. Interrompere la concezione individualistica di sfruttamento delle risorse immobiliari e di migrazione verso le grosse metropoli significa rimettere al centro la comunità. Per questa ragione progetti come Montagne in Movimento sono tanto importanti: non si deve partire da nuove narrazioni o da una turistificazione massiccia bensì dalla conoscenza reale del territorio e di chi lo abita. I paesi però sono sistemi complessi di relazioni e interazioni dove ogni cosa risponde a regole non scritte e a processi magmatici lenti di presa di coscienza. Là dove la coesione viene sfilacciata dalle pratiche capitaliste è necessario un lavoro dal basso: “serve camminare con le comunità” ha dichiarato Spadano.

L’obiettivo è generare un’idea di futuro possibile e renderne protagonista chi è rimasto a vivere i luoghi anche combattendo una buona dose di fatalismo che ancora spinge le giovani famiglie a cercare il proprio posto altrove. E se il dito è spesso puntato contro il turismo è bene ricordare che il problema non è il turismo in sè ma l'assenza di alternative ad esso. Sempre più persone oggi scelgono di tornare a popolare piccoli paesi in un circolo virtuoso inverso rispetto a quello del secolo scorso. Per incentivare la riorganizzazione territoriale sono necessari fondi ma soprattutto un progetto chiaro di come fruirne. Costruire infrastrutture sociali e di welfare in grado di accogliere neo-abitanti e abitanti, avviare scambi socio-economici che garantiscano autodeterminazione e alimentare un dibattito sano intorno ai beni condivisi sono solo alcune delle buone pratiche da concretizzare. Non è pensabile calare progetti dall’alto o programmare invasioni stagionali ma che si viva in questi piccoli e meravigliosi territori delle possibilità o meno qualcosa da fare c’è: accompagnare il percorso di rigenerazione abitativa e urbana amplificando istanze condivise e un’idea di futuro solida e piena di speranza.


Qui l'intervista realizzata a Sara Gainsforth dai volontari della Redazione di Festivaletteratura:

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Festivaletteratura