Imparare a concepire la poesia allo stato critico
8 9 2023
Imparare a concepire la poesia allo stato critico

Che ne è stato dei poeti critici? Rispondono Matteo Marchesini e Paolo Febbrero

La poesia di Matteo Marchesini e Paolo Febbraro presenta delle insidie, non è facilmente intellegibile. Ciò che non sono e ciò che non vogliono è quanto accomuna i due scrittori: il rifiuto di dimensione fattuale troppo diretta e dell’ammiccamento enfatico al lettore. Entrambi, oltre ad essere poeti, sono anche importanti critici letterari. Non è cosa da poco: oggi sono pochi i poeti che affiancano un’attività di critica militante. Loro ci credono, questa connessione non è solo un affiancamento, per dirla alla Montale. È un campo di tensione tra l’istintività poetica e lo sguardo ragionato del critico. Il filosofo della scienza Imre Lakatos negli anni ’60 asseriva che se vogliamo imparare qualcosa di veramente profondo non lo dobbiamo studiare nella sua base regolare, ma al suo stato critico.

Riallacciandosi a questo principio, il saggio di Paolo Febbraro Poesia allo stato critico cerca di suggerire un modo alternativo di intendere il ruolo del poeta. Concepire la poesia come stato critico significa considerarla come materia liquida che può assumere forme diverse, risemantizzando anche il ruolo del poeta. Essere poeta e critico significa attraversare il confine fluido e osmotico tra due campi tangenziali, in un continuo andirivieni. È la ricerca di poesia anche in luoghi inconsueti ed inaspettati, evitando di rintanarsi in una torre d’avorio.

«Cosa significa per voi fare poesia?» incalza Chiara Fenoglio.

Paolo Febbraro replica distinguendo il poeta, colui che scrive quando è ispirato, dall’intellettuale, colui che pubblica. Un autore, invece, è colui che si rilegge, in dialogo in primis con sé stesso. Per Paolo Ferrerio è fondamentale affidare a sé e agli altri uno sguardo che indaga in un continuo vo comparando leopardiano. In opposizione al sapere rizomatico della contemporaneità è importante che ci sia una figura che ci insegni l’importanza di un transito osmotico tra campi del sapere non perfettamente coincidenti. Secondo Febbraro, il poeta critico scrive poesia pensando e partendo dai versi degli altri. Ha sempre coscienza che le proprie parole sono stracci vecchi ed usurati, che non ci appartengono. Ma che possono ancora diventare parole d’amore.

Marchesini replica con una citazione aforistica epigrammatica da Casa di carte, convenendo che la critica allo stato poetico oggi sia poco praticata. Gli astrusi articoli accademici si ergono in modo totalizzante sul genere letterario, ma secondo Marchesini hanno ben poco di critico: «Il critico è colui che mette in discussione, è uno scrittore che si occupa delle opere d’arte attraverso l’arte. Deve descrivere attraverso lo straniamento, creando un vuoto anagrafico». Diversamente, spesso nella scrittura accademica si avallano sovrainterpretazioni di autori già canonizzati, perdendo la capacità di leggere ciò che non rientra nel canone.

Questo vuoto viene indagato dallo scrittore, facendo attinenza alla frattura avvenuta attorno agli anni ’70. Invero, se nel primo Novecento tutti i grandi poeti sono stati importanti critici (basti nominare Montale, Sanguineti, Fortini e Sereni), a partire dal ’68 la letteratura inizia diventare sempre meno importante – Marchesini parla addirittura di un rifiuto della letteratura. Ciò ha generato la nascita di una poesia naif, che manca di auto riflessività e perde densità poetica e al contempo ha fatto fiorire una letteratura non critica su poeti canonizzati (e diciamoci la verità, implicitamente apologetica). Parallelamente, come sintomo o come conseguenza, è venuto a mancare un linguaggio comune per litigare e discutere tra poeti.

«Chi è stato invitato a fare letture si trova con persone che non hanno un modo di fare idee e si trattano come persone che svolgono un lavoro diverso. L’errore è fare finta e non prendere atto, fingere che esistano dei filoni della poesia di ricerca». Dei filoni che paiono così frammentati da non riuscire nemmeno ad ipotizzare un terreno di discussione. Gli scrittori convengono che sia necessario ripristinare un linguaggio di scontro tra poeti, senza che si ritengano mondi isolati – ai cui si può dedicare al massimo un rispettoso cenno di saluto col capo.

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