In tutto c’è stata bellezza
7 9 2019
In tutto c’è stata bellezza

Manuel Vilas: illuminare la vita attraverso i ricordi

«Un libro può ricordarti la bellezza». Donatella di Pietrantonio introduce così Manuel Vilas, scrittore, poeta, giornalista e autore di uno dei casi editoriali più interessanti di questo anno.

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Un libro che rappresenta un classico della letteratura «perché affronta il mistero della vita», sostiene la scrittrice italiana; un libro che è anche un atto di riconciliazione con la propria storia e un ringraziamento verso i propri genitori, ormai scomparsi. «È curioso come soltanto all’età di cinquanta anni si riesca a percepire realmente il dolore per la perdita dei propri genitori»: in questo senso Vilas assume un atteggiamento che ricalca quello di Proust; di fatti, per l’autore spagnolo «la letteratura è utile perché ci dà l’illusione di salvare il tempo perduto, di salvare la vita».

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Un libro che pertanto si snoda attorno al rapporto padre-madre-figlio. Alternando battute ad affermazioni molto lucide e profondamente meditate, ricordi piacevoli ma pungenti, nella conversazione tenutasi oggi scopriamo come la perdita dei propri genitori possa significare una completa perdita della propria identità. «Se non siamo figli, padri, madri, chi siamo? Chi ci vorrà bene?». Per l’autore, cresciuto in un’epoca in cui dire apertamente "ti voglio bene" non era abitudine così diffusa, anche un semplice gesto trascurato può diventare, a posteriori, un possibile rimpianto, una paura di non aver completamente compreso il ruolo del proprio padre e della propria madre, un "te l’avevo detto" che ferisce e si ripercuote nelle relazioni successive.

Ecco perciò il potere del ricordo, della memoria: «la memoria è una luce prodigiosa quando abbiamo perduto tutto ciò che avevamo», scrive Vilas nel suo libro. E ribadisce davanti al pubblico: «a venti anni si pensa che quello che stiamo vivendo sia più intenso del ricevere una chiamata dei propri genitori». In tutto c’è stata bellezza esplora dunque le relazioni intime e profonde con le persone che hanno inciso nella nostra vita, un libro che racconta una storia apparentemente semplice, ma che tocca temi universali. Un racconto frammentato, che segue il filo dei ricordi e che sullo sfondo proietta le vicende della Spagna dagli anni ‘70 fino ad oggi: una storia di sacrifici affinché i figli vivano meglio dei padri, andata perduta con la crisi del 2008. Il vissuto personale e individuale dunque si proietta nella Storia.

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E in chiusura dell’evento, prima di recitare davanti al pubblico una delle bellissime poesie in calce al volume, dei veri e propri canti all’amore paterno e materno, Di Pietrantonio chiede se l’autore spagnolo si senta meglio dopo aver scritto questo libro, se la scrittura lo abbia aiutato a svelare quel mistero della vita nominato in apertura. Vilas, riflessivo nella risposta, ribadisce quindi il vero senso del suo lavoro come scrittore: far sì che il lettore interpreti, attraverso la lettura, il mistero della vita: «la funzione della letteratura è ricordare al lettore la grandezza della vita, che va vissuta con passione, gioia, bellezza».

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