In viaggio verso l'Oriente
9 9 2023
In viaggio verso l'Oriente

Sulle orme di Niccolò Manucci, viaggiatore veneziano del Seicento

Gianni Dubbini Venier, Angelica Kaufmann, Fernando Gentilini. Un archeologo, una fotografa e un diplomatico.

Sembra quasi una barzelletta, ma invece è il trio che si è riunito per mettersi sulle tracce di un viaggiatore molto particolare, Niccolò Manucci, nato nella Venezia del XVII secolo, e morto lontano, in India, intorno al 1720, senza aver mai più rivisto la madrepatria.

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L’idea di seguire il suo percorso nasce in Dubbini Venier da un lato a patire dagli studi di dottorato, e dall’altro dalla frequentazione della letteratura di viaggio anglosassone. In particolare da alcuni studiosi che hanno deciso di ripercorrere il cammino di viaggiatori del passato.

Tra 2015 e 2016 Dubbini Venier e Kaufmann decidono quindi di attraversare l’Asia, dalla Turchia all’Armenia all’Iran, recandosi a visitare e fotografare il più possibile tutte le città, i luoghi, le moschee, i caravanserragli in cui è passato Manucci, in un’operazione che è al contempo rievocazione dell’antico e curiosità, esplorazione per il moderno: la scoperta della cultura, della gente, delle usanze delle regioni attraversate lungo il cammino. Viaggio che si è rivelato tutt’altro che privo di ostacoli: in quel periodo l’ostilità della Turchia di Erdogan nei confronti da un lato dell’Armenia, del cui popolo nega il genocidio, e dall’altro dei curdi del PKK, era al massimo livello, tanto che molti valichi di frontiera erano chiusi o impraticabili, oltre che pericolosi per via dei combattimenti.

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D’altronde il viaggio di Manucci non fu da meno. Nel 1653, appena quindicenne, Niccolò fuggì di casa e salì di nascosto sulla prima nave che vide nel porto, senza nemmeno sapere dove fosse diretta. La nave faceva vela per l’oriente e a bordo vi era in incognito un personaggio d’eccezione: Henry Bard, visconte di Bellomont, a capo di una delegazione di realisti inglesi diretta in Persia a chiedere aiuto contro Oliver Cromwell. Il diplomatico prende al suo servizio il giovane, facendone un paggetto e conducendolo con sé dallo scià. A Bursa, la città più occidentale della via della seta, nell’Anatolia occidentale, Bellomont viene derubato di tutti i suoi averi, e per proseguire è costretto a chiedere un ingente prestito a uno dei mercanti armeni che controllavano i traffici in città. Giunti a Yerevan, frontiera fra l’impero ottomano e quello persiano, il nobiluomo si rivela e chiede di essere condotto nella capitale in qualità di ambasciatore. La missione però si rivela un completo fallimento: non solo il sovrano persiano si rifiuta di intervenire, ma Bellomont viene addirittura deriso per non saper rispettare l’etichetta e per ignorare completamente le usanze della corte persiana. Manucci e Bellomont si mettono quindi in viaggio per Hormuz, sul Golfo Persico, dove riescono a ottenere un passaggio per l’India da una nave della Compagnia Britannica delle Indie Orientali.

Il viaggio di Manucci, nel frattempo fattosi ormai diciottenne, proseguirà ancora a lungo, e nell’India divisa tra impero Moghul e colonizzatori europei il giovane farà fortuna e riuscirà a divenire medico e diplomatico di successo. Quello di Dubbini Venier e Kaufmann, però, termina qui: giunti a Hormuz, i due, in un gesto finale di tributo, versano in mare una boccetta d’acqua raccolta a Venezia e, voltando le spalle all’Oriente, si rimettono in viaggio verso casa, arricchiti dall’esperienza di mille incontri e mille scoperte.

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