Intelletto d'amore
11 9 2021
Intelletto d'amore

Lella Costa e Gabriele Vacis: Dante, volenti o nolenti, lo abbiamo nel DNA

Nella serata di ieri sera Lella Costa e Gabriele Vacis hanno ripercorso le tappe che li hanno portati alla scrittura di: «intelletto d’amore, quattro donne e un poeta, Dante Allighieri». Questo volume ha anche una scrittura teatrale e dallo scorso Giugno viene messo in scena da Lella Costa.

«Quando ci hanno chiesto di fare un lavoro su Dante, per il settecentenario, abbiamo pensato: no. Chissà quante celebrazioni ci saranno. E poi su Dante cosa vuoi dire ancora? Però, sotto sotto, qualcosa covava. Dante, volenti o nolenti, ce l’abbiamo nel DNA».

A tutti prima o poi capita di accostarsi a Dante: chi lo sente recitare da un nonno, chi da un vicino. Più spesso l’incontro con Dante coincide con l’incontro della professoressa di lettere. Vacis ci spiega che possiamo incontrare due tipologie di professori:

  • - il «dantomane»: posseduto e invasato con un pathos fuori luogo il quale comunica la sua personale passione per Dante,
  • - il «dantofilo»: l’innamorato, che ha compreso come funziona l’amore con Dante.

Nel libro viene indagato lo sguardo di Dante sul mondo delle donne e vengono ricostruiti i pensieri e le visioni in particolare di Gemma Donati, Beatrice Portinari, Francesca da Rimini e Taide.

Gemma Donati

«Dietro un grande uomo c’è una donna che soffre», Costa ribatte che «non c’è bisogno che sia grande»; dopo un po’ di anni di lotte sociali per la parità fra i sessi questo detto muta in «Dietro ogni grande uomo, c’è una grande donna». Ma l’avverbio “dietro” rimane. Costa e Vacis ci insegnano che il proverbio più corretto sarebbe: «Dietro un grande uomo, c’è una donna stupefatta», che non può capacitarsi di come il mondo guardi al marito, perché lei, che lo vede da dietro/accanto, sa. Questa, era Gemma Donati che non poteva essere gelosa di Beatrice: «la povera creatura l’è morta di parto che non aveva ancora ventiquattr’anni. Come vi sona? Io dovrei essere gelosa di una poverina che quando noi s’è scritta la Commedia l’era già morta da quindic’anni? Essù, via…». Perché la Commedia, l’avevano scritta insieme; o almeno questo è quello che ci raccontano Costa e Vacis.

Beatrice Portinari

Beatrice è l’incarnazione del primo amore che tutti abbiamo sperimentato. Beatrice è «la donna della mia mente», è un’idea di Dante di cui lui stesso si invaghisce. Il ricordo del primo amore, puro e casto che è rimasto perfetto, diventa terreno di fuga quando gli amori veri diventano dolorosi e difficili. Nel libro è stato più indagato il rapporto di Dante con la Beatrice della Vita Nova più che della Commedia poiché nella Vita Nova Dante racconta questo suo primo amore che rimarrà tale per tutta la vita.

«Quando a li miei occhi apparve prima la gloriosa donna de la mia mente»

Francesca da Rimini

Francesca di Intelletto d’amore nasce dalla contrapposizione tra il Dante narratore della Commedia, per cui l’amore senza ragione è criminale, e il Dante della Vita Nova in cui lui è così emozionato dall’incontro con Beatrice da cadere nel sonno della ragione e sognare una figura mostruosa che costringe la fanciulla seminuda a mangiare un cuore infuocato; Francesca allora direbbe «ma ti sembra?». Così inizia un simpatico gioco tra l’amore agito che ha portato Francesca alla morte e l’amore illibato di Dante per Beatrice. Quella di Francesca, almeno così lei sostiene non è poi una vera pena «[…] tu cosa credi che facciamo qua all’inferno, tutti nudi, io e il mio Paolino, per l’eternità?...».

Taide

Nel XVIII canto dell’Inferno in un panorama quasi tutto al maschile spicca la cortigiana Taide, personaggio preso da una commedia di Terenzio. Taide contava molti spasimanti che cercavano di avere i suoi favori. Trasone per ingraziarsi Taide le regala una schiava «come fosse un chihuahua». Nel mettere in atto un piano per liberare la sua schiava, Taide mente a un servo di Trasone dicendo di aver molto apprezzato il regalo e per questa sua bugia viene condannata da Dante fra i creatori di false verità e gli adulatori. Nel libro di Lella Costa e Gabriele Vacis si vuole riscattare la memoria di Taide:

«Gli adulatori, i ruffiani e i leccapiedi. E la commedia di Terenzio è piena di questi farabutti. Ma all’inferno ci va Taide?! No scusate è palesemente un equivoco, un misunderstanding».

Intelletto d’amore

Il libro non vuole essere una parodia di Dante ma una rilettura con occhi contemporanei della sua opera. Gli autori scrivendo si sono chiesti che emozioni provavano nel leggere alcuni passi della Commedia, ricercando Dante dentro loro stessi e cercando di raccontarlo in un modo divertente per ridare una vita popolare ai suoi versi.

«Mi dispiacerebbe che il paradiso non ci fosse: quello a cui pensavano con umile speranza la zia Nina e la nonna Esterina […] Sarebbe una consolazione saperle veramente lassù, fuori dai triboli che portarono così pazientemente sulla terra […] Se il loro premio corrisponde alla speranza, staranno lì, parte in piedi, parte in ginocchio, a leggere nei loro libretti da messa preghiere e litanie per tutta l’eternità, e ogni tanto alzeranno gli occhi, timidamente, sotto il velo, per bearsi non solo di quel riflesso chiaro e soave che è la presenza di Dio, ma delle figure familiari e vicine, e ancora incredibili, dei grandi angeli e arcangeli, Michele e Gabriele e Raffaele e tutti i grandi santi riconoscibili uno per uno. (Luigi Meneghello)»

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