Una radicale critica del presente a partire dalla quotidianità
Parlare e scrivere di Ivan Illich (1926-2002) è difficile, avvertono Franco La Cecla (Ivan Illich e la sua eredità) e Piero Zanini (Significati del confine) introducendo la lezione a due sul filosofo austriaco. Si riferiscono a ragioni personali: per il primo, il legame ventennale con Illich, per il secondo la volontà di scoprire questo filosofo spesso travisato. Ma la difficoltà non interessa solo loro, perché i tratti più prominenti in Illich sono proprio l’estrema varietà e apertura del suo pensiero che lo rendono di fatto indefinibile.
Complicato da inquadrare è innanzitutto il metodo di Illich, estremamente eterodosso e ascrivibile a nessuna delle correnti di pensiero canoniche. La sua visione della storia, per esempio, La Cecla ipotizza abbia radici teologiche – perché la poliedricità di Illich non si limitava alla conoscenza di tredici lingue: era anche un uomo di chiesa stimato da Paolo VI. Nella storia Illich si muove seguendo i salti di mentalità che l’hanno segnata e usa il suo grande potere evocativo per recuperare l’essenza di epoche e modi di vita finiti nell’oblio. Un esempio su tutti: ricordate quando le strade erano luoghi da vivere e non solo da attraversare? Illich permette di rivivere quella consuetudine comune fino a pochi decenni fa eppure già dimenticata, innestando sulla rievocazione una potentissima critica della società.
Abbiamo perso l’idea delle libertà che potremmo avere, invischiati come siamo nelle regole del vivere imposto: è così che dimentichiamo la possibilità, tra le altre, di abitare le strade, è così che finiamo per ridurre il nostro orizzonte del fattibile a ciò che viene già fatto, è così che diventiamo meno liberi senza neanche accorgercene. Siamo dipendenti: abbiamo delegato ogni nostra piccola libertà alle istituzioni, ai cosiddetti esperti, alle corporazioni, che a loro volta ci convincono della necessità di tale dipendenza, a qualsiasi livello. Qui stanno la grandezza e l’originalità di questo pensatore: tutta la sua critica è radicata nella quotidianità, nell’oggi, nei fatti concreti che ci riguardano tutti i giorni come l’istruzione, le cure, il lavoro.
Illich sposta il focus dai grandi sistemi ai nodi fondamentali della nostra vita: l’attenzione è tutta per l’umano incarnato e la sua fenomenologia contingente; il fine, riconsiderare abitudini che abbiamo introiettato e che per inerzia non penseremmo, altrimenti, a cambiare. È un pensiero, quello di Ivan Illich, che nella sua capacità di leggere la mentalità di un’epoca e sottoporla a critica è più che mai attuale e attualizzabile; un pensiero, evidentemente, dotato di una radicalità di cui avremmo grande bisogno oggi.