L’eredità della guerra
7 9 2018
L’eredità della guerra

L’assedio di Sarajevo raccontato da Puniša Kalezić e Diana Bosnjak Monai

Intorno alle patrie, alle identità, alle lingue che a fatica si riconducono dentro i confini ridisegnati per tutto il Novecento si annodano molte delle potenti narrazioni degli scrittori europei ospiti quest'anno a Festivaletteratura.


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«Si può fare il giornalista di guerra per vent’anni senza mai arrivare a farne il racconto intimo, quotidiano e forte che troviamo nel diario di Puniša Kalezić». Con queste parole il reporter Christian Elia inizia a dialogare con Diana Bosnjak Monai, autrice di Da Sarajevo con amore. Diario dall'assedio. Un libro che è a sua volta un dialogo, in cui la voce di Diana si unisce a quella del nonno Puniša Kalezić, che offre una testimonianza diretta dell’assedio di Sarajevo (durato dal maggio 1992 fino agli accordi di Dayton, nel novembre del 1995). Il diario, prezioso testamento dal valore storico e personale lasciato in eredità da Puniša a sua nipote, racconta l’assedio tramite quelle che Christian Elia definisce le «coordinate della quotidianità»: il tempo dilatato e lo spazio familiare estraneo e precario, in cui la vita di una coppia e della loro figlia è ridotta a una lotta quotidiana per sopravvivere alla fame, all’inverno e all'isolamento.

A raccontare i conflitti, Puniša Kalezić era abituato per mestiere: veterano del giornalismo di guerra, aveva già vissuto e descritto la Seconda Guerra Mondiale da prigioniero, prima in un campo di concentramento tedesco e poi in Italia. Questa volta però la guerra, anziché strapparlo da casa, c'era entrata: è "La guerra in casa" dell’omonimo libro di Luca Rastello, che Christian Elia cita come uno dei migliori resoconti scritti sul conflitto.

Se inizialmente Puniša, temendo l'impatto di una storia fratricida sulle giovani generazioni, è restio a raccontarla, il deliberato incendio della Biblioteca Nazionale bosniaca nell’agosto 1992 lo convince dell’assoluta necessità di farlo. Diana eredita dal nonno questa necessità di raccontare, che la spinge ad affrontare non solo le difficoltà emotive del suo progetto, ma anche quelle linguistiche. L’italiano, utilizzato nelle due precedenti pubblicazioni Mondi paralleli e Balkanostalgia, diventa per Diana il territorio neutrale che non può più trovare nella sua lingua madre, il serbo-croato, divisa dopo il conflitto in quattro lingue separate (serbo, croato, bosniaco e montenegrino).

Altra grande protagonista del libro è proprio la città di Sarajevo, di cui Puniša descrive il progressivo sgretolamento (fisico ma anche etnico e culturale) sotto le granate dell’assedio: il melting pot che la caratterizzava si impoverisce a ogni carovana di profughi che la abbandona, tra cui soprattutto giovani e intellettuali. Diana Bosnjak Monai lascia spazio proprio alle voci dei giovani per raccontare la Sarajevo di oggi, presentando il trailer di un documentario in cui Alessio Bozzer e Giampaolo Penco intervistano i ragazzi nati nella città al tempo dell'assedio.

L’ultima immagine che Diana offre di Sarajevo viene dal suo ultimo ritorno nella città, un mese fa: nei parchi del centro dormono i profughi siriani, fermati nel tentativo di raggiungere l’Europa. Il diario delle atrocità successe in quegli stessi parchi, ormai – o appena – venticinque anni fa diventa così un’eredità anche per noi, è un invito a continuare a raccontare, contro l’oblio e l’indifferenza.


Per chi vuole approfondire il percorso, Festivaletteratura propone:

Evento 28 “Scrivi come se nessuno ti vedesse” - Evento 29 “Autoritratto di un giannizzero” - Evento 101 “Metafisica del lontano nord” - Evento 114 “Nipoti della storia” - Evento 115 “Nelle fini piume delle nuvole” - Accenti, “En el laberinto catalán” sabato 8 settembre, ore 10:00 - Evento 146 “Un pregiudizio mai sopito” - Evento 155 “Guardare al passato per raccontare la Russia di oggi” - Evento 156 “La Spagna sospesa in un romanzo” - Evento 187 “Il mondo si incontra a Bruxelles” - Evento 196 “Il sessantotto che non abbiamo capito”.

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