L'eterna giovinezza è uno stato d'animo
9 9 2020
L'eterna giovinezza è uno stato d'animo

Suad Amiry e le contraddizioni del conflitto israelo-palestinese.

Dietro il palco ancora vuoto di Piazza Castello Suad Amiry dialoga familiarmente con Elisabetta Bartuli. Ridono l'una agli scherzi dell’altra, si scambiano battute. Nulla lascia presagire che, pochi minuti più tardi, l'atmosfera cambierà sensibilmente e che le due descriveranno dallo stesso palco condizioni drammatiche, scoprendo le ferite ancora aperte che il conflitto israelo-palestinese ha lasciato e continua a lasciare nel Vicino Oriente.

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Non è la prima volta che Suad Amiry partecipa a Festivaletteratura e già aveva condiviso stralci di scenari di guerra, raccontati dal punto di vista di una donna che vive nell’impossibilità di entrare in quella che considera la propria patria. Anche quest’anno, prendendo come spunto l'ultima pubblicazione Storia di un abito inglese e di una mucca ebrea, affronta le stesse tematiche: «Volevo dimostrare», afferma, «come anche una storia d’amore tra due adolescenti, un ragazzo di quindici anni e una ragazza di tredici, può raccontare il dolore causato dalla separazione dalla propria patria e mettere in evidenza la diversità nei destini di coloro che, prima di tutti gli altri, hanno vissuto l’esilio e hanno perso la propria identità». Il romanzo è ambientato a Giaffa, in Palestina, tra il 1947 e il 1948, a cavallo di quella che dai palestinesi è definita “la catastrofe”: l’esilio per consentire la costituzione dello Stato di Israele. I protagonisti del romanzo appartengono al gruppo degli ultimi giovani palestinesi a cui fu permesso di immaginare il proprio futuro in una città che era il punto di ritrovo di una moltitudine di culture e religioni differenti. Il romanzo descrive infatti ultimi attimi di un Vicino Oriente “unico”, senza muri né frontiere.

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«L’abito inglese», riprende Amiry, «è una giacca in lana di Manchester, ricevuta in regalo da un giovane di nome Subhi. Nel romanzo, il ragazzo così vestito si avventura per la città in una torrida giornata di luglio per farne vanto e soprattutto per mostrarsi agli occhi di Shams, una ragazzina di cui è innamorato». La storia d’amore tra Subhi e Shams si evolverà nell’arco di una vita rimanendo vivida nella memoria di entrambi, tanto che sia l’uno sia l’altra, rispettivamente all’età di 88 e 84 anni, saranno in grado di raccontarla personalmente all'autrice. È a questo punto che emerge una delle tematiche fondamentali di tutti i suoi libri: la paura della perdita, che si può combattere solamente coltivando la memoria. Prosegue: «Ho scritto Damasco, alcuni anni fa, proprio perché, con la guerra in Siria alle porte, temevo che l’aspetto della città di mia madre andasse perduto. Ma questa volta è diverso, si tratta di immedesimarsi in coloro che la perdita l’hanno vissuta sulla propria pelle. E ciò che mi ha colpito maggiormente è il modo in cui due persone che hanno sperimentato tutto questo dolore possano ancora raccontare la propria giovinezza lasciando trasparire tanto amore».

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Ma Aimiry è certa del fatto che il conflitto israelo-palestinese possa giungere al termine, e con esso tutte le sue atrocità. Conclude infatti: «Il mio augurio più grande è che coloro che vivono oggi la loro giovinezza possano continuare a farlo, senza il timore che qualcuno possa dividere gli uni dagli altri. E che, magari, Subhi e Shams possano finire di vivere la propria giovinezza, di cui non hanno mai abbandonato il ricordo. Questo è l’unico fine politico dei miei romanzi, o forse il loro unico fine in generale. Fermate questa guerra».


Di seguito l'audio dell'intervento di Suad Amiry del 2014 sulla letteratura palestinese

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