L'umanità è un tirocinio
10 9 2023
L'umanità è un tirocinio

Starnone racconta il suo ultimo libro

Fare racconti, per Starnone, consiste nell’abile arte di selezionare una fotografia di vita, darle un inizio, uno svolgimento e inventare il finale, che nella vita vera ci è precluso. Servirsi della vita che portiamo addosso non per esserle fedele, o raccontarla così com’è stata, ma per vestirla di uno svolgimento e di un finale che ci permettano di comprenderne il senso. Il procedimento che Starnone utilizza per scrivere racconti - anche i libri che ha scritto, infatti, sono racconti per lui, brevi o lunghi, ma sempre racconti - è alla base del suo ultimo libro L’umanità è un tirocinio.

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Si scrive a partire dalla memoria; dalle immagini, sensazioni, suoni e colori che mentre viviamo ci rimangono attaccati, perché, per qualche ragione, hanno acquisito uno spessore maggiore delle altre immagini, colori e suoni. L’operazione letteraria che Starnone sperimenta nel suo libro è andare alla ricerca dei ricordi che hanno instillato in lui il desiderio e l’audacia di scrivere e di tutte quelle letture che, più di altre, l’hanno aiutato nel difficile compito di diventare umano.

Due scene della sua infanzia fanno da punto di partenza. La prima, quella della nascita di suo fratello Toni, coronata da una narrazione che per Starnone cambierà la visione di suo padre. La seconda, un litigio fra i genitori, in cui il piccolo Starnone ripete la parola con cui il padre insulta la madre, «vanesia», e si sente colpevole perché la trova una bella parola.

La sua voglia di scrivere comincerà ben dopo questi eventi, ma non ha dubbi che le radici della sua aspirazione si trovino proprio lì, incastonate nella memoria di due sere lontane. Ciò che ha permesso allo scrittore di riconoscere l’importanza che questi due eventi hanno avuto in lui è stata proprio la letteratura. Leggendo La mia africa, la rilevanza che i disegni del padre hanno avuto per lui è divenuta chiara, visibile. Leggendo tanti altri libri, è stato possibile ricondurre il fascino per la parola "vanesia" al fascino per qualcosa di più grande: la parola scritta.

La letteratura è importante perché ci permette di interpretare noi stessi. L’essere umano non comprende se stesso in maniera ombelicale, guadandosi dentro, ma riesce semmai a farlo attraverso gli altri. La letteratura è la più grande forma di approssimazione all’altro, e proprio per questo ci aiuta a dare un senso anche alla nostra stessa vita.

Pico della Mirandola, in un’orazione sulla dignità dell’uomo, definì l’uomo come «un congegno di profilo indefinito». Il risultato di ciò che un uomo diventerà dipende dallo studio, dalle sue scelte, dalla concentrazione che metterà nell’autodefinirsi. In ogni momento, l’essere umano si trova davanti a un bivio in cui sceglie chi essere.

Per dirlo con parole aristoteliche, l’essere umano non nasce compiuto ma in potenza, e fatica tutta la vita per diventare atto. La parola tirocinio oggi è sinonimo di lavoro non pagato, sfruttamento, manodopera gratuita ed è connotata giustamente di un’accezione negativa. È un arco di tempo che aspiriamo ad eliminare, per trarre subito guadagno dalle nostre capacità. Aspiriamo a sentirci fatti e compiuti, ad agire, più che a sostare nell’apprendimento, a rischio di un agire goffo e impreciso.

Starnone ci ricorda che esistono forme di tirocini personali a cui non bisogna mai abdicare, poiché l’umanità è un appellativo da conquistarsi ogni giorno. Leggere e scrivere sono fra i compiti principali di questo infinito apprendistato.

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