La giustizia è giusta?
9 9 2016
La giustizia è giusta?

Nel testo di Sofocle l'eterno conflitto tra interesse comune e sfera spirituale

Esiste un confine che il legislatore non dovrebbe superare nel definire ciò che è giusto e ciò che è sbagliato? La distinzione tra bene e male è sempre tracciata dall'interesse della comunità oppure c'è una sfera dell'esistenza che deve essere preservata da questa intrusione?

Rileggendo la storia di Antigone, eroina eponima della tragedia di Sofocle, Mauro Bonazzi, professore di Storia della Filosofia antica all'Università Statale di Milano, dimostra che la risposta non è così semplice e che il valore di un grande classico risiede proprio nella sua capacità di sollevare questioni senza fornire risposte definitive. La storia è nota: Creonte, divenuto sovrano di Tebe, ha ordinato che il fratello di Antigone, Polinice, morto nel tentativo di prendere illegittimamente il controllo della città, non riceva sepoltura. Antigone, appellandosi alle leggi degli dei, disobbedisce all'editto e seppellisce il fratello, morendo suicida nella grotta in cui sta scontando la sua pena di reclusione.

Si tratta del testo più antico che tratti il problema della definizione della giustizia nel mondo occidentale e, storicamente, il personaggio di Antigone ha sempre riscosso più simpatie di quello di Creonte. Bonazzi in realtà dimostra che Creonte, nel negare sepoltura a Polinice, è mosso dalle migliori intenzioni di salvaguardia dell'interesse della comunità: nello stesso modo hanno agito anche le moderne istituzioni nei confronti, per esempio, dei cadaveri di Osama Bin Laden e di Eric Priebke, capitano delle SS responsabile dell'eccidio delle Fosse Ardeatine. Antigone, per il suo opporsi alla legge degli uomini, viene inizialmente definita "pazza" perché "autonoma", nel senso etimologico di "che si da le leggi da sola" e si pone quindi fuori dalla comunità.

Con il procedere dell'azione, Antigone espone le sue ragioni affermando che non rispetterà mai una legge degli uomini che vada contro la legge degli dei, facendosi portatrice di una diversa concezione della giustizia, non meno valida: esiste, in questa prospettiva, una sfera dell'esistenza che cade sotto il dominio dell'invisibile e del misterioso, sfuggendo al controllo umano.

Nel suo irrigidirsi e voler politicizzare tutto, anche la morte, senza rendersi conto che l'uomo non è misura di tute le cose, Creonte si trasforma da buon politico in tiranno.

Il conflitto tra le due visioni è irrisolto e generativo di una dialettica ancora aperta, come dimostrano i recenti dibattiti sulla legittimità del burquini in spiaggia.

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