La guerra è bella per chi non ne ha mai fatto esperienza
9 9 2022
La guerra è bella per chi non ne ha mai fatto esperienza

Guerra e letteratura nei secoli

«Il racconto della guerra è un racconto affascinante, lo è stato per millenni. Ma al tempo stesso, raccontare la guerra è raccontare un evento spaventoso, terribile». Con queste parole lo storico della letteratura Amedeo Quondam si addentra, conducendo con sé con sapiente e avvincente erudizione un attento manipolo di ascoltatori accorsi alla Biblioteca Teresiana di Mantova, in un denso percorso che lega fra loro opere più e meno conosciute della grande letteratura italiana e mondiale. La ricostruzione di Quondam si snoda attraverso le diverse fasi del conflitto militare nella storia, evocando i modi in cui poeti e letterati l’hanno celebrato e deplorato.

Così, la prima tappa non può che riguardare la guerra dei tempi antichi, popolata di eroi omerici prima e, a distanza di secoli ma con caratterizzazioni etiche ed estetiche alquanto simili, di un intero universo narrativo che nell’Europa medievale comprende il ciclo dei paladini di Carlo Magno, quello dei cavalieri della Tavola Rotonda, le avventure di Amadigi di Gaula e il Cantar de mio Cid. Storie i cui personaggi divengono conosciuti in tutta Europa, tanto da essere usati come riferimenti culturali nelle conversazioni, non soltanto fra le élite dell’epoca ma anche fra i ceti popolari, in una sorta di comunità europea ante litteram del racconto.

Le circostanze della guerra cambiano, e con esse inevitabilmente il suo racconto, con l’avvento delle armi da fuoco. Ora non si tratta più di Quell’antica festa crudele descritta in un saggio del medievalista Franco Cardini: la guerra non è più ad armi pari, ora il vile può vincere, e d’altra parte le palle di cannone elevano la devastazione ad un ordine di grandezza superiore. Così i terribili sessant’anni delle guerre d’Italia, dalla morte di Lorenzo il Magnifico fino alla “pace spagnola” nel segno di Carlo V, bruciano e insanguinano l’Italia nel segno della nuova artiglieria di cui è pioniere Alfonso d’Este, duca di Ferrara, e che è vituperata dal suo cortigiano Ariosto nell’Orlando furioso («O maladetto, o abominoso ordigno, che fabricato nel tartareo fondo fosti per man di Belzebú maligno»).

Con la fine dell’ancien régime e la nascita delle moderne nazioni, che hanno bisogno di una propria narrazione fondativa e procedono a “inventare” le proprie tradizioni culturali, è il romanzo storico a inquadrare la guerra attraverso la nuova lente, come illustrato da Ivanhoe di Walter Scott. In Italia, aggiunge Quondam, è la novella risorgimentale a modellare nel bene e nel male l’epopea nazionale: l’esempio citato è la drammatica novella Libertà, contenuta in Novelle rusticane di Giovanni Verga, che narra la strage dei contadini di Bronte a opera dell’esercito garibaldino.

Tappa successiva è il trauma collettivo della Prima guerra mondiale, che genera letteratura come Addio alle armi di Ernest Hemingway, Niente di nuovo sul fronte occidentale di Erich Maria Remarque e, in Italia, Un anno sull’Altipiano di Emilio Lussu, il Giornale di guerra e di prigionia di Carlo Emilio Gadda e la raccolta di poesie di Giuseppe Ungaretti Il porto sepolto. Da essa Quondam trae e recita i versi della poesia San Martino del Carso:

Di queste case
non è rimasto
che qualche
brandello di muro

Di tanti
che mi corrispondevano
non è rimasto
neppure tanto

Ma nel cuore
nessuna croce manca

è il mio cuore
il paese più straziato

È a un passaggio degli Adagia di Erasmo che Quondam affida la sua conclusione, ricordando la potente, argomentata invettiva che il filosofo di Rotterdam intessé contro la guerra, sulla scia del proverbio Dulce bellum inexpertis. Ovvero, «La guerra è bella per chi non ne ha mai fatto esperienza.»

«Questo spettacolo tragico è talmente malvagio, che il cuore umano si rifiuta persino di ricordarlo. Per non dire di altre cose che, a fronte di ciò di cui abbiamo appena parlato, appaiono persino di poco conto: le messi ovunque devastate, le città rase al suolo, i villaggi dati alle fiamme, il bestiame saccheggiato, le giovani donne violentate, i vecchi fatti prigionieri, i luoghi sacri violati, ogni parte del mondo stravolta dalle ruberie, dal brigantaggio e dalla violenza».

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