La metamorfosi parte dalle radici
10 9 2020
La metamorfosi parte dalle radici

Perchè dovremmo essere come gli alberi. Quelli di Moresco però

Ci voleva un lockdown per fare pace con Mantova. Scappato a vent’anni dalla città natale, Antonio Moresco non era più tornato nella città del Mincio se non per qualche giorno. Poi la clausura di due mesi (come la definisce Bianca Pitzorno) e l’evasione notturna per i vicoli, in una città conosciuta e sconosciuta al tempo stesso tutta da perdonare; sono queste le basi da cui è partito il nuovo libro di Moresco, Il canto degli alberi. A fare compagnia allo scrittore in queste passeggiate solitarie gli alberi murati, quegli alberi «disperati ma invincibili, le cui radici sono talmente forti che spaccano il cemento». Gli alberi sono specchi, riflessi della Natura aliena e insondabile che osserva il progredire di noi uomini, «esseri brutti e deformi»; altre volte gli alberi siamo noi, sia per la condivisa condizione di immobilità che il Covid ci ha imposto, sia perché rispondono a domande con altre domande. Come noi, gli alberi non hanno risposte.

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L’altro fil rouge del libro è la musica, presente nel titolo, nella trama e nella struttura del romanzo. A fare da sottofondo alle fughe notturne di Moresco c’è il secondo e ultimo personaggio umano, una figura avvolta nel mistero che suona sempre la stessa aria di pianoforte e la cui musica arriva allo scrittore, commuovendo e ispirando il suo stile narrativo, che nell’ultima parte del romanzo procede per cori, come quelli di una tragedia greca. «Un coautore senza saperlo», spiega la Pitzorno, che fino a ieri non aveva identità. Il sentimento di gratitudine nei confronti di questa musa musicale era tanto forte da spingere l’autore a scrivere una letta aperta sulla Gazzetta di Mantova, in cui la esortava a reclamare pubblicamente il proprio contributo al libro. A sorpresa la persona è stata individuata: si tratta di una giovane, il cui nome rimane ancora sconosciuto al romanziere; nulla però esclude che un giorno musa e artista si incontrino, per dirsi finalmente quanti e quali significati attribuivano rispettivamente a quel brano.

Nella conclusione alberi e musica si fondono, come in una fiaba, creando una crasi fisica: le piante infatti amano talmente tanto la musica, questo elemento bellissimo creato da esseri distruttivi, da cambiare sé stessi e attuare una metamorfosi che li rende capaci di assorbire e riprodurre i suoni. Ed è proprio una metamorfosi che l’autore augura alla nostra specie, perché di fronte al cambiamento climatico «una rivoluzione è troppo poco».

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Cambiamenti strutturali del genere sono però processi lenti, difficilmente percettibili da chi li sta vivendo. La speranza (e anche la nostra ultima possibilità di sopravvivenza) è che la nostra metamorfosi sia già iniziata. Nascosta, come le radici di un albero.

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