La parola alla critica
9 9 2023
La parola alla critica

Vincenzo Latronico e Walter Siti in un viaggio nei meandri della mente di Carlo Emilio Gadda

È sempre più diffusa la tendenza di valutare un libro in termini di "stelline", un po' come se fosse un ristorante o un soggiorno in hotel, e l'idea comunemente più diffusa è che più quel libro è bello più riceverà commenti positivi e valutazioni alte. Vincenzo Latronico e Walter Siti ci insegnano invece, nel penultimo incontro di La parte dei critici, che anche parlare male di un autore è un modo per elogiarlo. In questa occasione la "vittima" predestinata è lo scrittore e poeta Carlo Emilio Gadda, ingegnere di professione.

Tutto parte dal Pasticciaccio (1957), un giallo "impasticciato" di Gadda, all'interno del quale lui stesso compare, come «quell'ingegnere nevrastenico del piano di sotto». Può definirsi un romanzo "impasticciato" proprio perché pieno di digressioni e di falsi indizi che servono a sviare completamente dall'idea di finale che aveva Gadda - idea che non è contenuta all'interno del libro, lasciato incompiuto e mai terminato. Il giallo contiene infatti solo 10 dei 12 capitoli che l'autore si era inizialmente figurato di scrivere, 12 esattamente come i libri che compongono L'Eneide, per lui un pilastro a cui fa spesso riferimento nei suoi scritti. Furono poi ritrovate delle cartelline contenenti le bozze e i titoli alternativi del romanzo, tra cui Assunta, preso dal nome di una delle due assassine a svelare quel finale mai contenuto nell'edizione definitiva del libro.

Queste digressioni, ricorrenti nella sua produzione, potrebbero essere però giustificate con il fatto che Gadda «ha dovuto costruire la sua letteratura attorno ad un non detto», specialmente con la stesura del suo primo romanzo La cognizione del dolore (iniziato nel 1938), ispirato ad una vicenda realmente accaduta. Scrive infatti un libro "in difesa" di un ragazzo macchiatosi di matricidio e condannato alla massima pena, scegliendo di non fornire alcun tipo di attenuante sul profilo psicologico, quando invece era molto probabilmente esaurito dal comportamento della madre. La scelta di Gadda è quella di comporre un romanzo, rimasto poi incompiuto, utilizzando la triste condizione di quel ragazzo come pretesto per riversare nella scrittura tutto il dolore e la rabbia provocati da un rapporto alquanto tormentato con i suoi genitori.

Gadda sfoga all'interno della sua letteratura tutte le sue angosce e il suo immenso dolore, stando sempre attento a «non scrivere come se fosse lui a scrivere», andando a creare una sorta di distanza tra l'immagine che ha di sé scrittore e quella di sé nella vita reale, forse per la paura di conoscersi all'interno dei suoi scritti, e senza mai realizzare fino in fondo di essere effettivamente diventato uno scrittore. Altro elemento importante è la sua "invenzione linguistica", caratterizzata dall'alternarsi, all'interno di alcuni suoi libri, di espressioni derivate dal latino, dall'italiano risorgimentale o da dialetti come romanesco, milanese, napoletano e veneto. Uno dei maggiori peccati che si potrebbe commettere analizzandolo, per esempio in ambiente scolastico, è fermarsi allo strato più superficiale, costringendosi a guardare la parte stilistica e fermandosi quindi solo allo "scheletro" del testo.

Festivaletteratura