Le librerie come luoghi di frontiera
13 9 2015
Le librerie come luoghi di frontiera

Jorge Carrión è andato alla ricerca delle più belle librerie del mondo

«Quando mi sento male non vado in farmacia, ma nella mia libreria» scriveva Philippe Dijan. Probabilmente Jorge Carrión aveva bisogno di curarsi quando ha scritto Librerie, un resoconto dei suoi viaggi intorno al mondo alla scoperta delle più belle librerie del pianeta.

Parigi, New York, Tangeri, Lisbona, Buenos Aires, Istanbul, Bogotá sono solo alcune delle mete toccate nel suo percorso investigativo. Carrión si definisce infatti un detective delle librerie: è andato alla loro ricerca interrogando gli abitanti delle località in cui arrivava, cercando di scoprire il segreto della loro magia. Questi non sono semplici negozi di libri ma luoghi del desiderio e dell’immaginazione, capaci di alimentare nel visitatore la voglia di sfogliare le pagine lì racchiuse. Quello che accomuna tutta le librerie descritte nel libro è che sono tutte “prescrittive”, credono nell’esistenza di una cultura da difendere e di una cultura che si difende da sola e non tengono i best seller in bella mostra ma sotto il bancone.

Questo fa delle librerie dei luoghi di frontiera, dove l’industria editoriale e il mercato dei lettori si incontrano, con l’importante mediazione dei librai, che svolgono una funzione molto simile a quella dei critici. Selezionano i libri, li consigliano ai lettori giusti, scelgono quelli da mettere in vetrina e quelli da riporre direttamente negli scaffali, determinandone il successo o la rovina.

Ma come è possibile per loro coniugare la ricerca della qualità con le esigenze del mercato? Jorge Carrión risponde con la metafora di Babbo Natale, che ogni bambino scopre essere una maschera dietro cui si nascondono i genitori. Il mercato infatti siamo noi stessi, che con le nostre scelte e le nostre abitudini di acquisto determiniamo le tendenze, i più e i meno delle statistiche e dei fatturati.

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