Le madri dell'apparenza
8 9 2022
Le madri dell'apparenza

Alex Boschetti e Sara Garagnani analizzano le realtà che si nascondono dietro alle relazioni famigliari

Due vicende “nordiche”, media diversi, storie contigue con grammatiche differenti, di madri e di padri: Alex Boschetti, autore del noir L’ultima madre e Sara Garagnani, autrice della graphic novel Mor. Storia delle mie madri, si confrontano al Museo Diocesano sul rapporto genitori-figli in tutte le sfaccettature sociali che si configurano nella quotidianità.

In Trentino-Alto Adige

Le riflessioni di Alex Boschetti lasciano intendere quanto l’ambientazione scelta per il suo giallo rispecchi la condizione umana raccontata nei capitoli: in questa sineddoche, la Bolzano che le narrazioni raccontano come “bella e buona” rappresenta tutta la difficoltà che si nasconde dietro alla candida faccia che una famiglia può presentare.

Il romanzo dell’autore altoatesino si concentra, come afferma Fois, sull’enorme prezzo dell’apparire: «I luoghi ordinati sono quelli che non comprendono l’uomo» dice. E in un luogo che non comprende l’uomo, la precaria armonia tra il sentire e l’apparire, tra il “fuori” fatto di ordine e disciplina e il “dentro” caratterizzato da tutt’altro, lascia lo spazio utilizzato dall’autore per costruire le vicende del romanzo.

La questione è umana e politica: «L’Alto Adige, in quanto terra di confine, rappresenta ciò che non si è». Il benessere civile che i cittadini percepiscono risulta in un’anestesia sociale che rende la comunità non partecipativa e non accogliente, conseguenza di una forzatura storica che è quella dell’italianizzazione del territorio negli anni Trenta e conseguenza di una risposta a tratti neofascista: «Non è un caso che realtà nostalgiche abbiano una maggiore forza in zone come questa». Un grande e comodo divano dove può sedersi solo una persona, un territorio dove si crea un futuro non collettivo, si vive insieme senza vivere insieme. In questo paradigma di irredentismo ed apparenza evolve così la vicenda di Martino, figlio di una famiglia originaria del Polesine che combatte contro una rabbia che non comprende: cerca prima una risposta nella scienza e nell’introspezione, per poi trovare il nemico all’esterno, nello “straniero”. Si parla quindi di questa malinconia dovuta al deteriorarsi del sentire del ragazzo, di uno sradicamento culturale e sociale di cui è soggetto. La caverna di questo libro è nascondere il marcio sotto il tappeto, e cosa ne consegue nel piccolo mondo famigliare.

Il magone

Accanto - e non contrapposto – alla malinconia di Boschetti c’è il fantomatico “magone” della Garagnani: «Nel magone trovo una forma, un personaggio variegato. Una sostanza composta dalle emozioni più difficili dell’uomo». L’angoscia, la paura, l’ansia che compongono questo organismo, dice l’autrice, possono però fungere da messaggero: ti chiedono di esplicitare tutto ciò che dentro ti sta ferendo. Il magone ha questa funzione di tirare fuori il marcio da sotto il tappeto che L’ultima madre di Boschetti racconta.

«Il magone può essere definito come un buco che si trasforma in macigno» con questa affermazione Garagnani spiega la funzione che hanno gli uomini nella sua graphic novel: la mancanza dell’uomo e la sua inefficacia nella realtà, coprono un ruolo fondamentale nelle vite delle madri dell’autrice, che si trovano in un ciclo di violenza dove da vittime diventano carnefici, dove gli affetti sono effetti e l’amore diventa umore, con una protagonista che vive un disagio che non riesce però a riconoscere.

La graphic novel

L’ultimo confronto che l’autore e l’autrice sono tenuti a tenere riguarda l’organizzazione della graphic novel; Sara Garagnani descrive la stesura del suo testo «una lunga cova della narrazione», con schemi e storyboard che spesso non reggevano il peso emotivo e umano delle vicende illustrate. Boschetti, anche lui novelist autore di diverse edizioni, dice che il modo ideale è elaborare parte per parte, provando ad acquietare il turbolento rapporto che c’è tra disegnatore e sceneggiatore.

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