Necessaria quanto il pane
7 9 2022
Necessaria quanto il pane

Adrienne Rich, Maria Luisa Vezzali e un travaglio d'amore.

“Nel sonno ma non dimentica / degli insonni senza sonno / altrove” scrive Adrienne Rich, e la traduce Maria Luisa Vezzali.

È una scena domestica: la poeta guarda la compagna che dorme. Ma, come sempre, il personale è politico: e lo è tanto più nei versi di un’autrice che negli anni ’70 era nel pieno della lotta femminista. E infatti il tema della poesia in questione (Tonight No Poetry Will Serve, Stanotte nessuna poesia servirà) è di attualità: si tratta dei campi di prigionia di Guantánamo. La donna dorme, ma non dimentica le vittime: Rich parte da questo momento intimo, quasi di contemplazione di una persona cara, per scrivere un testo di durissima riflessione politica. È una notte in cui la poesia non «servirà»: e questo non vuol dire che non sarà necessaria – secondo Rich la poesia è necessaria «quanto il pane» – ma che non sarà serva di nessuno; e anche, con un gioco di parole difficile da rendere in italiano, che non si arruolerà, non sarà parte di un esercito.

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Questa sera Vezzali, poeta a sua volta, in conversazione con Silvia Righi ha letto testi propri e sue traduzioni dei testi di Rich; ha discusso di com’è cambiato il femminismo negli ultimi decenni, di cosa può essere un rapporto fra un’autrice e una traduttrice, di quale senso può avere la poesia quando la propria vita è in stallo e anche quando non lo è. È scesa nel dettaglio di qualche scelta di traduzione, ha raccontato storie e risposto a domande.

Il filo conduttore sono state le donne: i parallelismi che le accostano e le reti che possono costruire. È stato impressionante, all’inizio, quando Vezzali ha letto come seconda fra le proprie poesie Il sorriso nero (storia del suo rapporto con la nonna) e insieme la storia della vita stessa di questa donna, il matrimonio con un marito violento, le poche ribellioni possibili, la difficoltà a comunicare rimasta per tutta la vita. Un’introduzione che potrebbe sembrare distante da tutto quello che è seguito: la figura di Adrienne Rich, intellettuale, ribelle, sempre in lotta, poeta e saggista. Ma fondamentale è dare una voce proprio a chi non l'ha avuta. Una delle lezioni più grandi che si possono imparare da Rich è quella di «fare rete»: reti di donne, innanzitutto; ma, in generale, reti di solidarietà, più forti tanto più si vive in una società individualista. E infatti, quando Rich ottenne una e poi più di una cattedra all’università, il suo principale pensiero fu «prendersi cura delle studentesse»: non accontentarsi di essere un token, non accettare lo status quo solo perché per una serie di circostanze l’aveva avvantaggiata.

Fare rete, dice Vezzali, è anche rivedere il canone che leggiamo, studiamo, insegniamo: colmare i vuoti, cercare le cancellazioni. Perché, chiede, Beatrice de Dia dovrebbe essere studiata meno dei suoi colleghi trovatori maschi? E racconta del progetto che lei e altre sei donne hanno intrapreso per tradurre insieme, come collettivo, le poesie di Audre Lorde. La traduzione è l’altro grande tema dell’incontro; ed è, tra l’altro, il tema ricorrente della serie di eventi «passaggi, transizioni, riflessi». La traduzione è un’operazione violenta, da un certo punto di vista, e non mancano le metafore violente che la definiscono; ma è sempre, come le ha scritto la stessa Rich per ringraziarla, «a labour of love».

Vezzali racconta di quando ha letto per la prima volta le poesie di Rich: «avevo ventinove anni, le mie poesie non mi piacevano, la mia relazione non mi soddisfaceva e vivevo a casa coi miei genitori. Ho letto Rich che alla mia età era a capo delle lotte femministe e ho cambiato tutto, ho lasciato il fidanzato antipatico, sono andata a vivere da sola. Ditemi che la poesia non cambia le vite».

Poi le loro prime comunicazioni per lettera, poi quelle per e-mail, le prime traduzioni; l'unico incontro di persona, a Parigi, al quale – Vezzali non lo sapeva – erano state invitate tutte le altre traduttrici di Rich. L’invito, tacitamente, era a diventare amiche: e con qualcuna l’invito è diventato realtà. La scelta di tradurre Adrienne Rich, come quella di tradurre Audre Lorde, come quella di spiegare a una classe di liceo Amelia Rosselli o Grazia Deledda, sono tutte scelte di messa in discussione del canone occidentale, che sistematicamente esclude quello che devia da un ristretto standard.

«Bisogna tenere lo sguardo basso e pedalare» dice Vezzali: un’affermazione che può essere considerata pessimista solo se non si tiene conto della sua fiducia nella capacità di ciascuna e di ciascuno di resistere, e di lavorare con amore.

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