Nelly Sachs e lo Zohar
8 9 2016
Nelly Sachs e lo Zohar

Un manuale di come si può perdere nella vita e vincere nella poesia

La vita e l‘opera di Nelly Sachs sono un manuale di come «si possa perdere nella vita e vincere nella poesia», come racconta Giulio Busi. E, in effetti, la poetessa tedesca di origine ebraica, premio Nobel per la letteratura nel 1966, ha avuto una vita tormentata a causa dell’ascesa del nazismo e dei traumi che questa le ha causato. Nata e cresciuta in una famiglia borghese molto protettiva, che l’ha iniziata alle arti, Sachs è stata educata in casa fino ai dodici anni a causa della salute fragile. La sua vita sociale si è manifestata attraverso i rapporti di amicizia con altri poeti, più che in relazioni affettive. Corrispondente a lungo di Paul Celan, è stata l’amicizia con Selma Lagerlöf, autrice svedese, a salvarle la vita. Poco prima di morire, infatti, questa ha intercesso presso la famiglia reale svedese perché potessero accogliere Nelly Sachs e l’anziana madre.

Il periodo svedese, pur al riparo dalla persecuzione nazista, non è stato semplice per la Sachs: la madre soffriva di allucinazioni. Solo la notte Sachs riusciva a scrivere saltuariamente al buio, nei rari momenti di sonno della madre. La morte della madre porta con sé un esaurimento nervoso e a causa di questo la poetessa avrebbe passato lunghi periodi in istituti di cura. E’ proprio in questo momento che il rabbino capo della comunità di Stoccolma, rendendosi conto che Sachs aveva perso ogni aggancio con la vita quotidiana, le mette in mano una copia dello Zohar. Si tratta di un testo della seconda metà del Duecento che si presenta come un resoconto di incontri di antichi saggi, che si trovano per discutere della bibbia e dei suoi segreti. Redatto nella penisola ebraica in un artificioso aramaico letterario, si tratta di un mondo parallelo in cui rifugiarsi per attingere forza e agganciarsi di nuovo alla realtà.

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