Quale futuro? Giovani e no: un dialogo è sempre possibile
10 9 2021
Quale futuro? Giovani e no: un dialogo è sempre possibile

Fabio Geda e Federico Taddia intervistati dai ragazzi della Lunetta

Il quartiere mantovano di Lunetta, collegato al centro storico della città da un ponte sul Mincio, ospita un vivace incontro in forma di dialogo intergenerazionale tra i giornalisti e scrittori Fabio Geda e Federico Taddia e quattro ragazzi della città: Denis, Kevin, Cancu e Maria. I giovani sono quasi tutti residenti nel quartiere, a cui si sentono molto legati e che definiscono «multiculturale, colorato e ospitale». La serata prende spunto dalla breve presentazione di Fai qualcosa di Fabio Geda – storia di ragazzi e ragazze che provano ad apportare cambiamenti mettendoci la faccia – e Vi teniamo d’occhio di Federico Taddia, un patto generazionale per l’ambiente scritto a quattro mani con un giovanissimo ambientalista. I due libri stimolano a raccontare il mondo dei ragazzi e sono accomunati dai temi dell’impegno civile, dell’essere giovani e del sognare un futuro diverso e migliore.

Ad avviare la chiacchierata informale è però una ricerca preparata prima della pandemia e condotta durante il lockdown da Taddia e dal direttore di Skuola.net Daniele Grassucci – poi divenuta un libro (Chi sono? Io. Le altre. E gli altri) – in cui gli autori hanno posto cento domande a tremila adolescenti dai 12 ai 17 anni provenienti da tutta Italia. Le risposte al questionario in un periodo storico così unico e, si spera, irripetibile diventano un racconto della vita degli adolescenti che è anche un prezioso spaccato di società contemporanea: un’antologia di punti di vista che chiedono di essere presi in considerazione, ascoltati, accolti dagli adulti.

Taddia e Geda riprendono alcune domande del sondaggio e le rivolgono a Denis, Kevin, Cancu e Maria: «Per cosa sei disposto a impegnarti al massimo?», «Esistono i Fridays for Future a Mantova?», «Cosa possono fare i giovani, in concreto, per cambiare il mondo?». Il 47% dei ragazzi che hanno partecipato all’indagine, appartenenti alla Generazione Z dei nati tra il 1997 e il 2012, ha posto l’accento sull’importanza di realizzare i propri sogni. Una prospettiva in parte accantonata da quei trentenni e quarantenni rassegnati perché un tempo spinti – ricorda Taddia – ad accettare qualsiasi lavoro che desse loro una stabilità. Subito a seguire, in ordine di importanza, vengono il benessere economico, la convinzione di contribuire con il proprio lavoro al miglioramento della società, l’obiettivo di essere buoni figli nei confronti dei propri genitori. Che si parli di Millenials, Generazione Z o Generazione Alpha, quella degli ultimi nati fra il 2010 e il 2020, la parola chiave rimane sempre «equilibrio»: trovare un lavoro che appaghi, che permetta di sostenersi economicamente secondo il proprio stile di vita e che faccia sentire utili.

Geda e Taddia si mettono a nudo e rispondono, a loro volta, alle domande – anche impietose – dei ragazzi: «Quanto ci avete messo a capire cosa volevate fare nella vita?». Taddia voleva fare il giornalista, così ha cominciato a lavorare alla redazione di Topolino. Geda ha scoperto la sua dedizione per gli ambienti minorili più disagiati mentre si laureava in Marketing. Accomunati dal desiderio, appagato, di raccontare storie, gli autori ricordano che l’importante è stare sempre in movimento, imparare facendo, viaggiare, trovare qualcosa di nostro nella complessità del pianeta, non lasciare che lo sconforto abbia la meglio troppo a lungo e tenersi aperti al cambiamento, anche da adulti. «Il sogno non basta. Bisogna studiare, capire, avere idee da proporre, un po’ di coraggio e altrettanta faccia tosta. Stare fermi è l’errore più grande che si possa fare, ma può essere un errore anche credere che qualsiasi sogno si possa realizzare», dice Taddia. «Bisogna sempre avere un piede nel sogno e un piede nella realtà: solo così ci si può permettere di continuare a credere nella possibilità di realizzarsi, a qualsiasi età; perché il mondo cambia sempre attorno e noi e cambiamo noi», aggiunge Geda.

Il confronto è vivo e fertile, i giovani imparano dagli adulti e viceversa: l’attitudine all’ascolto dei due scrittori va di pari passo con la loro capacità di lasciarsi stupire, tipica degli adolescenti. Una propensione non scontata in un mondo in cui frasi come «Greta è solo una ragazzina» è l’emblema dell’incapacità di ascoltare le richieste di attenzione che provengono dai più giovani. Esserci e non esserci al contempo, educare mantenendo la giusta distanza: è questa la sfida di un genitore, ma anche di ogni educatore. «Per educare un bambino – ci ricorda Geda citando un proverbio africano – ci vuole un intero villaggio».

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