Quale futuro per le foreste?
21 3 2020
Quale futuro per le foreste?

L'accento di Giorgio Vacchiano a Festivaletteratura 2019: capire il rapporto tra noi e gli alberi per affrontare il nostro comune destino

Il 21 marzo non segna soltanto l'inizio della primavera, ma anche un'altra ricorrenza di grande valore simbolico: da tempo, infatti, a questa data è associata la giornata mondiale delle foreste promossa dalle Nazioni Unite. Tale scelta ha lo scopo di informare la popolazione del pianeta circa la necessità di preservare un bene «troppo prezioso per essere perso». Le foreste coprono un terzo della superficie terrestre, sono fondamentali per combattere i cambiamenti climatici e sono gli ecosistemi più diversificati biologicamente, tanto da ospitare da sole oltre l'80% delle specie viventi. Da loro dipende il sostentamento di più di un miliardo e mezzo di esseri umani.

Purtroppo sono anche gli ambienti maggiormente minacciati dallo sfruttamento intensivo delle risorse del suolo e dagli effetti devastanti dei cambiamenti climatici (molti di voi avranno ancora vive in mente le immagini apocalittiche degli incendi in California, in Amazzonia e in Australia degli ultimi mesi). Di recente, alcune ricerche hanno sollevato un altro grosso allarme, ipotizzando che la fondamentale capacità che ha la foresta di assorbire anidride carbonica stia venendo meno a ritmi incalzanti.

All'ultimo Festival abbiamo chiesto a Giorgio Vacchiano, ricercatore e docente presso il Dipartimento di Scienze Agrarie della Statale di Milano, nonché autore del saggio La resilienza del bosco, di guidare il pubblico alla riscoperta del rapporto tra noi e gli alberi, «due entità apparentemente separate ma in realtà intimamente connesse nel loro destino». Ciò che è emerso con particolare enfasi dal suo intervento è la necessità di una diversa gestione delle foreste, tanto dell'incremento arboreo che dei cicli produttivi ad esse legati, in modo tale da salvaguardare la sopravvivenza di questi scrigni di futuro.

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