Riscrivere la guerra d’Etiopia: femminile, plurale
8 9 2021
Riscrivere la guerra d’Etiopia: femminile, plurale

Maaza Mengiste intervistata da Carlo Lucarelli

Maaza Mengiste, scrittrice newyorchese di origine etiope, risponde alle domande dello scrittore Carlo Lucarelli e svela al pubblico i retroscena dell’accurato lavoro di ricerca che sta dietro al suo libro Il Re Ombra. L’opera, vincitrice del Premio The Bridge 2019 per la Narrativa e finalista al Booker Prize 2020, è stata pubblicata in Italia da Einaudi nel 2021, aggiudicandosi anche il Premio Gregor Von Rezzori.

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La storia è ambientata durante la Guerra d’Etiopia e narra della tenace resistenza femminile oppostasi all’ascesa di Mussolini negli anni dal 1935 fino al 1941 – quando l’imperatore Hailé Selassié risalì sul trono – e in particolare di Hirut, che da giovane in balia di un sistema patriarcale che la vuole schiava diventa la temuta guardiana del Re Ombra, sullo sfondo degli scontri contro gli invasori italiani. Guerra, amore, tradizioni, storia collettiva e personale si fondono in questo romanzo che affronta con coraggio un passato troppo a lungo mistificato dalle stesse nazioni protagoniste.

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Un libro che «non fa sconti a nessuno – commenta Lucarelli – in particolare a tre categorie da sempre incaricatesi di scrivere la Storia del nostro Paese: maschi, bianchi, italiani». Non importa se sui singoli ricadano o meno le colpe degli avi, sembra suggerirci l’autrice, che per portare alla luce le storie più intime a cui dà voce ha compiuto numerose ricerche in Italia, tra documenti d’archivio e diari personali di chi ha combattuto nell’esercito del regime. Ciò che conta è avere il coraggio di mettere in discussione la versione dei fatti che ci è stata trasmessa, anche e soprattutto se ci viene tramandata dalla nostra famiglia e se è diventata così confortante da divenire certezza; spogliarsi dalla rabbia, dai giudizi e dai pregiudizi.

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«Gli italiani sono stati brava gente?» chiede provocatoriamente Lucarelli, che nel suo Albergo Italia aveva trattato il tema del colonialismo. «Gli italiani sanno essere buoni così come tanti altri popoli, ma sotto l’ipnosi del potere e del patriarcato possono fare cose orribili agli altri esseri umani», risponde Mengiste, riferendosi in maniera non troppo velata alle atrocità commesse dal colonialismo italiano in Africa, macchiatosi di massacri, stupri, bombardamenti con il gas e repressioni.

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La Storia degli uomini e delle donne è ben più complessa rispetto alla narrazione lineare a cui ci abituano i libri di scuola: per l’autrice «è un prisma» in cui ciascuno ha la propria prospettiva, ricca di ambiguità che vanno ben oltre la semplicistica divisione del mondo in buoni e cattivi. La dimensione corale della scrittura diventa così l’unico metodo possibile per far spazio a tutti i punti di vista che compongono le vicende e l’unico antidoto contro il processo di rimozione messo in atto sia dall’Italia sia dall’Etiopia. Entrambi i Paesi, a guerra conclusa, hanno scelto la via dell’ipocrisia, o, peggio, dell’amnesia, occultando la realtà dei fatti con la retorica propagandistica dei vincitori, il primo, e degli eroi della resistenza, il secondo.

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Che sia italiana o etiope, la donna ha sempre un ruolo marginale nella ricostruzione dei fatti: nella visione di Mengiste andrebbe invece rivalutata e posta al centro di un’operazione di riscrittura della Storia che passi attraverso la narrazione femminile, tradizionalmente relegata alle mura domestiche. L’ambizione di nobilitare confidenze, chiacchiere, saggezza familiare, confronti intimi al rango di fonte storica a tutti gli effetti dovrebbe accompagnarsi a una rieducazione degli uomini, sin dalla prima infanzia, alla comunicazione, all’ascolto, all’abbandono dell’arte della guerra come unico strumento di autoaffermazione possibile. Questo al fine di scongiurare il suo sfociare in sopraffazione e in un racconto della Storia del mondo che passi esclusivamente attraverso i loro occhi; nonché di tracciare un futuro di pace per la travagliata Etiopia dei giorni nostri.

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