Santificazione di una moralista logorroica
9 9 2023
Santificazione di una moralista logorroica

La dissacrante pièce teatrale Rita da Cascia messa in scena dagli attori del Teatro Stabile di Torino

Atti unici del Novecento italiano è la rassegna teatrale che Festivaletteratura ospita per il secondo anno consecutivo presso il Cinema Oberdan, per riportare alla luce opere teatrali italiane e poco note, recuperate attraverso letture drammatizzate, senza scena, in abiti attuali e con sole musiche.

La pièce presentata durante l'incontro riscopre una delle opere più censurate del Novecento italiano, Rita da Cascia, scritta da Paolo Poli, attore, cantante di operetta e autore drammaturgico, e da Ida Omboni, traduttrice. Nel 1968 per volontà dell'esponente democristiano Renato Tozzi Condivi l'opera viene ritirata dalle scene per esservi reintrodotta solo dieci anni più tardi.

Ad allietare il pubblico del Festival in questa rappresentazione sono quattro talentuosissimi allievi della Scuola per attori del Teatro Stabile di Torino, Francesco Bottin, Ilaria Campani, Sara Gedeone e Niccolò Tommassini.

Gli attori rompono la quarta parete con il loro pubblico nel prologo che recita: «Silenzio, o voi che radunati siete. Voi vedrete una storia e santa. Diverse cose vedrete, esempi di fortuna varia tanta. La compagnia reciterà. Siam tutti giovinetti, perciò scusate i nostri teneri anni se son dei discorsi ben detti. Né sappiamo dei signori vestire i panni né delle donne. Siam fanciulletti. Tuttavia lo faremo con amore. Voi scusate l’età di qualche errore.»

Rita da Cascia si presenta da subito come una pièce comica esilarante, basata sul ritratto dissacrante della santa agiograficamente più potente tra tutte, definita la "Santa degli impossibili" per la capacità di riuscire a compiere tutti i miracoli che gli altri santi non hanno saputo realizzare, grazie a una volontà implacabile e a una componente di arrivismo che ridimensiona la vocazione miracolistica della santa.

La rappresentazione segue le vicende della santa lungo la sua vita, dalla giovinezza alla morte, in un susseguirsi di vicende esemplari che hanno il dichiarato scopo di esaltare la figura di Rita in tutta la sua autoesaltazione moralistica: quello che, secondo l'agiografia, dovrebbe essere un percorso di progressiva ascesa alla santificazione si appiattisce qui al livello di un'arrampicata sociale, in cui l'ardore del sacro viene svilito nelle più prosaiche ambizioni profane. Santa Rita viene restituita innanzitutto come donna: una donna vanesia e autocompiaciuta, che gode della presunzione di una superiorità etica fieramente ostentata dal suo tracimante moralismo. I suoi monologhi monopolizzano la scena e la sua logorrea non lascia spazio di respiro, seguendo spesso un'esposizione quasi enciclopedica, da "prontuario", che esaurisce tutte le casistiche possibili di ogni questione. Un esempio su tutti è il monologo in cui Rita, non ancora santa, da giovane fanciulla passeggia nei pressi di una fonte meditando sulla corporeità: con un tono di leziosa purezza intellettuale, afferma che «Non bisogna avere paura di sorella sporcizia: essa serve a far crescere il fiorellino della santità», avviando una meditazione sui fluidi corporei che si nascondono dietro la superficiale bellezza femminile. La pudica compunzione di Rita è di un'ostentazione saccente e pedante, che non esita a rivelare le debolezze umanissime di una donna impertinente, il cui contegno minaccia sempre di vacillare a dispetto delle sue boriose prediche. Una su tutte è la vigorosa reprimenda che Rita rivolge a una prostituta, sempre pronunciata con toni paternalistici e con una chiusa ipocrita e fintamente conciliatoria: «Dopotutto, chi sono io per giudicare?».

Rita da Cascia è anche un'agiografia pop, in cui la cultura giovanile si inserisce in modo tentacolare tra i vari esempi virtuosi: i cori dei quattro attori spesso subentrano come elemento separatorio delle varie scene, passando da intonazioni alleluiatiche proprie della liturgia cristiana all'Allelujah di Leonard Cohen e da luoghi comuni come You Can Leave Your Hat On di Joe Cocker, Somewhere Over the Rainbow. La stessa Rita si scatena come una pop star contemporanea intonando la sua meditazione.

Non è infine da dimenticare l'interessante modo in cui viene trattato il tema della conversione: ogni qualvolta la santa esercita il suo influsso miracoloso infondendo la fede in un personaggio maschile (Paolo prima e il sultano Solimano poi), questi assume dei tratti più effeminati, compiendo una metamorfosi in efebo. Questa improvvisa esplosione di gay energy connessa al tema della conversione religiosa al cristianesimo è volutamente provocatoria: da un lato intercetta il tema della sensibilizzazione della comunità cattolica verso i diritti civili, con uno stridente contrasto, e dall'altro rimarca lo stereotipo per cui l'eterosessualità macchiata abbia come unica alternativa quella di una perdita della propria maschera scenica.


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