Si sa tutto... ma non si sa niente
6 9 2019
Si sa tutto... ma non si sa niente

Piazza Fontana 12 dicembre 1969

Per superare il senso di disorientamento che pervade le società contemporanee e tornare a mettere il futuro al centro del nostro orizzonte servono nuove etiche e nuovi strumenti di pensiero capaci di scardinare logiche e sistemi di potere accettati come incontrovertibili. In questo senso filosofi, economisti e intellettuali di varia formazione indicheranno al Festival alcuni possibili percorsi, seppur parziali, per rimettere mano a paradigmi e categorie interpretative che ormai risultano inadeguati. Un ampio ventaglio di riflessioni verrà ad aprirsi sulla guerra, attraverso una serie di incontri che toccheranno il confronto interreligioso, il ruolo della scuola e della comunicazione nel formare le coscienze, il racconto dei conflitti alle più giovani generazioni.


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La storia di Piazza Fontana la conoscono tutti, è noiosa, piena di dietrologie, c’entrano i servizi segreti e alla fine... non si capisce niente. C’è un pregiudizio comune nel trattare i misteri italiani, perché dicono che sono vecchi e impossibili da raccontare. Ed è il problema che capita sempre a Carlo Lucarelli e a Benedetta Tobagi quando propongono le loro trasmissioni, i loro libri.

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Ma queste storie sono anche seducenti per gli scrittori di gialli e per quelli di inchiesta: nonostante tutto, per il pubblico, funzionano. Perché poi, continuando a considerarli misteri, ci assolvono da troppe cose, ci assolvono dalle responsabilità. E invece noi vogliamo capire, o perlomeno riuscire ad arrivare al “chi è stato” e al “come”. Poi agli storici toccherà l’onere (e non l’onore) di trovare il “perché”.

Contrapponiamo un po’ di ordine al caos dei processi, al caos sugli accusati, sui colpevoli, sui fiancheggiatori e su quelli che hanno depistato. Il primo processo con condanne importanti è del 1979. Nel 2005 vengono invece tutti assolti dalla cassazione, anche se... anche se si conferma per assurdo che comunque i responsabili sono Freda e Ventura, condannati nel 1979.

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Le persone non capiscono, aumenta la confusione, le dietrologie alimentano fantasie. L’Italia rimane una Repubblica molto giovane, con un passato difficile. E molto contraddittorio. Ma sappiamo ormai davvero molto su questa storia. La responsabilità di alcuni personaggi, della cellula veneta dell’eversione nera, dei servizi che si resero responsabili di depistaggio, di personaggi politici che coprirono i fatti. Nel giallo ci sono i buoni e i cattivi. Qui invece siamo nel noir più profondo. Esiste poi una continuità che fa ancora più paura. Una continuità che ci fa trovare le stesse persone e le stesse strutture del periodo fascista all’interno del nuovo stato democratico. Perché l’Italia durante la guerra fredda era una terra di confine tra i due blocchi, in una posizione strategica nel Mediterraneo. Non dovevamo diventare troppo liberi ed era naturale scegliere per gli apparati gente che aveva saputo fare bene il proprio dovere durante il regime. I colpevoli perfetti della strage furono trovati tra le file degli anarchici, Pinelli e Valpreda, nonostante filoni di indagine puntarono subito (o quasi) sul Veneto e sui gruppi neofascisti. Capri espiatori pronti e impacchettati.

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Magistrati e testimoni furono quindi perseguitati, minacciati, ignorati. Ma qualcuno continuò comunque ad indagare e alla fine si arrivò alla verità, o almeno ad una buona parte di verità. Un compito che dovremo continuare noi, come cittadini a tutti i livelli, perché quelle persone non siano morte invano. E per non perdere la speranza nella verità. Perché la cosa facile nelle stragi è perdersi nei numeri. Spersonalizzare la morte. Ma la tragedia ha colpito persone vere e non solo le vittime. I familiari, gli amici, i sopravvissuti. Tutte le loro storie sono importanti. Proprio perché il ricordo non diventi solo un numero. In piazza Fontana morirono soldati di Caporetto, gente che aveva fatto la guerra d’Africa o era scampato ai campi di lavoro nazisti. Sono i figli di queste vittime che hanno portato il fatto a maturazione politica insieme all’impegno della memoria. Come i familiari delle vittime della strage di Bologna, sempre in prima linea per riaffermare questo concetto di familismo morale che si estenderà poi anche alle stragi di mafia. Piazza Fontana, la stazione di Bologna, e ancora prima Portella della Ginestra. Strategia della tensione, o forse no. L’importante è indagare, scoprire, onorare le storie di chi è stato vittima e la dignità di chi è rimasto.


Per chi vuole approfondire il percorso, Festivaletteratura propone: Evento 13 “Umanesimo inquieto” - Evento 24 “Un nuovo racconto della guerra” - Evento 25 “E alla fine un mondo lunare” - Evento 33 “Raccontare il mondo” - Evento 73 “Per un nuovo pensiero africano” - Evento 89 “12 dicembre 1969” - Evento 142 “Dedicato ad Ágnes Heller” - Evento 145 “L’economia del valore” - Contaminazioni ore 18.00 sabato 7 “L’inflazione della verità scientifica” - Evento 175 “Il mondo è giovane ancora” - Evento 190 “Tutte le guerre del mondo” - Evento 204 “Affermare l’umanità” - Accento ore 14.00 domenica 8 “Le sante ossa” - Evento 209 “La democrazia esclusiva e i suoi sovvertimenti” - Evento 215 “Le regole e la coscienza”.

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