Sul filo del confine
8 9 2023
Sul filo del confine

Variazioni sul tema in compagnia di Elvira Mujčić

In un’aula della scuola elementare Pomponazzo l’intimo pubblico di Festivaletteratura è seduto in cerchio intorno alla scrittrice Elvira Mujčić. In un flusso rilassato e libero di pensieri, la “classe” esplora i significati e le ambiguità dei concetti di soglia e confine con una moderatrice d'eccezione. Nata in Serbia, l’autrice è fuggita insieme alla famiglia da Srebrenica, ha vissuto in Croazia ed è arrivata in Italia. Insomma, è facile capire perché i limites siano un elemento ricorrente nella sua produzione, da E se Fuad avesse avuto la dinamite? a Dieci prugne ai fascisti.

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«E se i confini li tracciassimo per poter desiderare l’Altro?», si chiede l’autrice nel suo ultimo libro, La buona condotta. Nel romanzo, il confine è una linea tracciata da una madre esasperata da due bambine che litigano. Si tratta, però, di un confine labile, un grado di separazione che le piccole fanno presto a superare per tornare a giocare insieme. A partire da questa scena, la classe di Mujčić, a dir poco variegata, propone delle prime immagini sul tema: la pelle del corpo, il passo montano, la battigia, l’orizzonte che separa cielo e terra in ogni cosmogonia che si rispetti.

Anche l’etimologia della parola ispira suggestioni e nuovi spunti di conversazione perché, si nota, ha in sé un invito all’incontro e alla permeabilità, e non alla chiusura.

Si parla di osmosi, di endosimbiosi, di come l’evoluzione umana sia stata possibile grazie alla nostra porosità rispetto agli ambienti circostanti. Eppure, nominando i confini è impossibile non fare numerose associazioni con il presente e la cronaca delle migrazioni. Recinzioni, muri e dogane sono un confine artificiale e onnipresente, che per alcuni è un sintomo di paura, per altri il simbolo di un benessere e di privilegi che si cercano di mantenere a tutti i costi.

Al di là di confini fisici e ben visibili, ogni persona nella sua quotidianità deve confrontarsi con limites sociali, d’identità, di genere. Tra varie riflessioni, il gruppo si concentra molto sui confini linguistici che determinano l’inclusione o l’esclusione di un individuo da un’intera società. È interessante ricordare che per i greci gli altri, gli stranieri, i barbari erano coloro che “balbettavano”, che dimostravano una padronanza linguistica limitata. Negare la lingua materna a un intero popolo è stata usata spesso come forma di controllo e annichilimento; allo stesso tempo, definire e differenziare la propria lingua da un gruppo linguistico affine (come si è verificato tra i paesi dell’ex-Jugoslavia) è sempre stato e continua a essere un passaggio fondamentale per plasmare un’identità nazionale, ma anche per creare nuovi confini.

Ogni partecipante potrebbe scrivere la propria definizione di confine per la Treccani, trovare tanti aspetti positivi quanti negativi, affrontare la parola da ogni possibile punto di vista, per cui Elvira Mujčić saluta la sua classe con il benestare di Giano, dio dalla doppia faccia, del passato e del presente, degli inizi e della soglia, tutto senza confini.

Festivaletteratura