Terre dimenticate d'Italia
10 9 2016
Terre dimenticate d'Italia

Un viaggio nell'Italia che non si vede

«Io e Angelo Ferracuti non ci siamo mai incontrati»: se Giorgio Boatti non l’avesse dichiarato, nessuno l’avrebbe mai immaginato. È dunque Festivaletteratura a farli conoscere e metterli sullo stesso palco a parlare d’Italia. Durante l’incontro di venerdì 9 settembre, il dialogo tra i due scorre fluido e l’uno completa le frasi dell’altro. Sembrano conoscersi da una vita.

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L’empatia è forte e i punti in comune davvero tanti. Il loro lavoro rappresenta un tentativo di capire le discontinuità – più o meno nascoste – che l’Italia sta vivendo. «Sono molti i luoghi in cui si è rotto un patto sociale e dove ora regna un forte senso di smarrimento», spiega Boatti. Ne è esempio la Sardegna dimenticata che racconta in Addio. Il romanzo della fine del lavoro (2016) – Carbonia, Iglesias, e il Sulcis-Iglesiente, terre di miniere che non ci sono più, dove il lavoro è morto e sepolto. Sempre d’Italia invisibile parla Giorgio Boatti, che presenta invece le storie di chi dalle macerie è stato capace di reinventarsi. È questo ciò che racconta in Un paese ben coltivato (2014) e Portami oltre il buio (2016), viaggi alla ricerca di chi è riuscito a uscire dalla crisi con le proprie forze.

Anche la forma scelta per investigare quest’Italia di cui sappiamo poco, ferma tra passato e presente, è la stessa. Per Boatti e Ferracuti il solo modo per conoscere tutte le sfumature di un luogo, di toccare con mano le sue problematiche più nascoste, è viverlo. «I luoghi sono impregnati di storia. Bisogna parlare e passare del tempo con le persone che li abitano. Come diceva il grande maestro del reportage Kapuscinski, è un lavoro collettivo». Le loro opere, sempre in bilico tra narrazione e reportage, sono autentici viaggi narrativi nel cuore dell’Italia. «Fare narrazione di un territorio è come occuparsi di logistica: le persone ti aspettano per raccontare un vissuto, un pensiero», dice Ferracuti.

È solo attraverso un lavoro attento e onesto che si può raccontare l’Italia invisibile e dimenticata. E spesso «Gli occhi di un forestiero possono essere più penetranti di quelli della gente del posto, ormai accecati dalla routine».

Festivaletteratura