Testimoni del diritto, sul campo e in classe
5 9 2019
Testimoni del diritto, sul campo e in classe

Franco Lorenzoni e Domenico Quirico spiegano come raccontare la guerra, in ambito giornalistico e didattico

Per superare il senso di disorientamento che pervade le società contemporanee e tornare a mettere il futuro al centro del nostro orizzonte servono nuove etiche e nuovi strumenti di pensiero capaci di scardinare logiche e sistemi di potere accettati come incontrovertibili. In questo senso filosofi, economisti e intellettuali di varia formazione indicheranno al Festival alcuni possibili percorsi, seppur parziali, per rimettere mano a paradigmi e categorie interpretative che ormai risultano inadeguati. Un ampio ventaglio di riflessioni verrà ad aprirsi sulla guerra, attraverso una serie di incontri che toccheranno il confronto interreligioso, il ruolo della scuola e della comunicazione nel formare le coscienze, il racconto dei conflitti alle più giovani generazioni e affrontare il primo campo di battaglia del nostro terrorismo, piazza Fontana, punto di partenza di una delle stagioni più dolorose e amare del nostro recente passato.


Circondati dal bianco marmo della Basilica Palatina di Santa Barbara, Franco Lorenzon e Domenico Quirico, entrambi narratori di esperienze, parlano di guerra e consapevolezza civica. Lo sguardo ravvicinato e affilato di un giornalista inviato sul campo si confronta con lo spirito didattico di un maestro della scuola elementare su un tema tanto attuale quanto poco considerato.

Domenico Quirico, che dal 2012 si occupa di migrazione e totalitarismo islamico, con molta sincerità constata come il bilancio del proprio lavoro sia - purtroppo - negativo: guerre che avrebbero potuto essere “contenute” non lo sono state; la coscienza collettiva non prende in considerazione le attuali catastrofi umanitarie. Serve, allora, ammettere l’insufficienza dei nostri mezzi di narrazione e indagare gli errori insiti in essa. Finora lo scopo implicito della nostra narrazione è stato smuovere l’animo umano, provocare commozione.

Come la commozione lo ha indirizzato verso certe scelte di vita, ammette Quirico, così era convinto che la commozione collettiva potesse indirizzare verso una certa politica. Ciò non è avvenuto: la commozione non è più, a livello generale, un fattore in grado di muovere le persone. La commozione è uno strumento giornalistico antiquato, da buttar via. La cosiddetta empatia non ha più la forza di trasformarsi in azione. L’unico strumento narrativo funzionale ai nostri tempi è, quindi, per Quirico, un’altra cosa: il diritto. L'unico elemento che ci permette di distinguerci dal caos circostante: noi siamo la parte del mondo che ha creato il diritto. A ciò dobbiamo aggrapparci. Per spiegare meglio la propria posizione, l'autore ricorre a un esempio pratico: quando incontriamo migranti gentili e simpatici, ognuno di noi accetta con serenità che siano suoi vicini di casa. La commozione permette di accettare e preoccuparsi per l’accoglienza di chi ci sta simpatico. Il diritto, invece, permette di riconoscere che anche chi ci sta antipatico deve rimanere. Che la reazione emotiva verso entrambi non intacca la loro sfera di diritto. Il giornalista contemporaneo deve allora farsi testimone del diritto, per poter offrire al lettore strumenti concettuali che vadano oltre e indirizzino il proprio vissuto verso l’estraneo.

Franco Lorenzoni, invece, ci porta nel vivo della propria aula, laboratorio sociale dove cresce e germoglia la cittadinanza di domani. Ha sempre cercato di ascoltare e raccontare il mondo - tutto, non solo il nostro - ai suoi piccoli allievi, ben sapendo che i bambini di sono molto interessati alle grandi domande: eluderle perché le si ritiene complicate è solo un atteggiamento dettato dal timore di non riuscire a parlarne.

In quanto educatore, il suo compito è anche infondere speranza. E lo fa in modo concreto, riportandoci le parole di una sua allieva, che davanti alla vita di Gandhi afferma: «Lui dà ragione a due, e non ad uno». Ecco, allora, come le parole semplici e chiare di una bambina possono illuminare sui meccanismi che la guerra occulta: se sappiamo vedere le ragioni dell’altro, lui non è più il nemico. La guerra è semplificazione estrema: hai torto, ti uccido. Da qui il potere dell’educatore: contadino che ha il compito di gettare il seme di un pensiero in grado di vedere le ragioni dell’altro; politico che costruisce il mondo di domani.


Per chi vuole approfondire il percorso, Festivaletteratura propone:

Evento 13 “Umanesimo inquieto” - Evento 24 “Un nuovo racconto della guerra” - Evento 25 “E alla fine un mondo lunare” - Evento 33 “Raccontare il mondo” - Evento 73 “Per un nuovo pensiero africano” - Evento 89 “12 dicembre 1969” - Evento 142 “Dedicato ad Ágnes Heller” - Evento 145 “L’economia del valore” - Contaminazioni ore 18.00 sabato 7 “L’inflazione della verità scientifica” - Evento 175 “Il mondo è giovane ancora” - Evento 190 “Tutte le guerre del mondo” - Evento 204 “Affermare l’umanità” - Accento ore 14.00 domenica 8 “Le sante ossa” - Evento 209 “La democrazia esclusiva e i suoi sovvertimenti” - Evento 215 “Le regole e la coscienza”.

Festivaletteratura