This is America(s)
10 9 2020
This is America(s)

No, non sono folli: linee guida per capire gli americani

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Quando parlate di America dimenticate il singolare. O meglio, quando vi parlano di America, chiedetevi a quale parte di America si riferisce il vostro interlocutore. Perché gli Stati Uniti sono davvero un melting pot: di razze, di classi, di esperienze completamente diverse l’una dall’altra, che noi italiani tendiamo ad appiattire in un unico aggettivo - americano. A spiegarci come leggere questo Paese di paesi, due italiani con lo sguardo rivolto a Ovest, Francesco Costa e Marta Ciccolari, inziano spiegandoci perché l’Italia fa fatica ad eliminare l’idea di un’America monolite. Per farci capire «la dimensione geografica che a noi sfugge», vengono fornite una serie di informazioni: la distanza da Portland a Washington corrisponde alla lontananza tra Catania e Baghdad; il territorio di Los Angeles corrisponde all'intera Campania; il muro che vuole alzare Trump sarebbe lungo da Napoli a Mosca…

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Solo prendendo davvero consapevolezza di queste distanze si può iniziare a capire (ed accettare) il fatto che sussistano contemporaneamente diverse anime, a volte completamente slegate tra loro. Nonostante ci siano zone densamente popolate, una buona parte dell’America è fatta di aree rurali molto poco popolose, caratterizzate dal vuoto. Lo stesso Costa ammette che «lo spazio vuoto è l’America», una parte molto importante della narrazione americana che ci aiuta a leggere un altro mito americano da sfatare: il possesso delle armi.

Quando la signora che ospitava Marta Ciccolari le chiese «come vanno le sparatorie in Italia?», lo shock culturale fu doppio: da una parte la Ciccolari rimase spiazzata dall’idea che le sparatorie fossero così accettate da essere utilizzate come metro di paragone, allo stesso tempo l’americana rimase interdetta dall'assenza di simili eventi in Italia. E nonostante questo, nonostante in effetti gli USA siano il Paese con maggiori sparatorie nel mondo, sorprenderà tutti sapere che 2/3 degli americani non possiedono un’arma. È solo la fetta restante che vede l’arma come parte dell’identità americana, che pensa che un italiano in USA non può tornare a casa senza aver provato l’esperienza americana per eccellenza: sparare in giardino. (Chiedetelo a Marta Ciccolari: si è dovuta nascondere in casa per sottrarsi a questa “magica esperienza”). E, sempre guardando la geografia, non è caso che questa fetta di americani con la pistola nel cassetto venga da luoghi caratterizzati da grandi spazi vuoti, Stati in cui il monopolio della violenza non è mai stato ceduto allo Stato, perché per lunghissimo tempo le persone erano da sole, a proteggersi dagli altri (siano essi animali o altri esseri umani).

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È da questa paura secolare del doversi proteggere da soli che nasce anche il conflitto razziale: non a caso durante il periodo che precedeva le elezioni del 2008 (quelle in cui è stato eletto Obama, primo presidente nero della storia americana) c’è stato un boom di compravendita di armi. Quello che ha mosso tanti americani non era l’idea di una rivoluzione nera - spiega Costa - «ma una paura generalizzata», di un cambiamento di cui non si conosce i contorni e che potrebbe portare svantaggio alla popolazione bianca (i WASP).

    (caricamento...) Picchi di vendita di armi prima dell'amministrazione Obama e con il Corona Virus. Il dubbio è il filo conduttore che li lega.

La paura è lo strumento principale della politica trumpiana soprattutto adesso, alle porte delle elezioni per il secondo mandato e in contrapposizione al movimento BLM (Black Lives Matter). Ma Costa rassicura: «il momento della verità non sono queste elezioni». A prescindere dal risultato gli americani dovranno decidere tra due strade: mettere in discussione tutto ciò che sono e rivedere i blocchi identitari attraverso cui leggono il mondo, fatti di identità socio-razziali, o continuare con le idee del passato, che porteranno a costruire nemici. Forse, l’unico elemento di novità potrebbe essere il colore della pelle. Non dimenticatevi che Trump ha fondato l’esercito per le guerre spaziali.

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