Tra gli intrecci del melodramma
12 9 2021
Tra gli intrecci del melodramma

Marcello Fois spiega come orientarsi tra le intricate trame delle opere liriche

Il melodramma, nonostante nasca come un argomento per pochi, diviene presto un corridoio attraverso il quale popolazioni non attrezzate riuscirono ad accedere ai temi fondamentali della grande mitologia e ha a che fare con il principio che ha ispirato i grandi cicli di affreschi nelle città medievali. Marcello Fois introduce al mondo del melodramma, che con le sue arzigogolate trame può risultare complesso a chi non ne è avvezzo. Nel magnifico teatro Bibiena che fa da scenario, con l’accompagnamento dei superbi Solisti della Fenice Fois offre alcune suggestioni per cercare di orientarci tra le opere liriche.

Il melodramma è un fatto italiano, anzi, è una delle espressioni topiche dell’italianità per stile, genetica e filosofia. È un sistema che contiene in sé le attitudini migliori e peggiori di un popolo problematico come il nostro: teatralizzare la realtà, gonfiare gli avvenimenti, appassionarsi per le tragedie altrui e di tradimenti. L’argomento principale del melodramma sono le corna: sposta sul prosastico anche il più colto dei temi con uno straordinario doppio carpiato attraverso la musica, che può permettersi una complessità che alla parola e all’argomento è tolta. È molto italiano anche fare ricorso a temi e cicli già presenti nell’universo culturale di riferimento, ciò suggerisce che non siamo un popolo di lettori, ma un popolo di ascoltatori: quando altrove si creava timidamente la società dei lettori, gli italiani andavano in massa a teatro.

Il melodramma nasce a Mantova, con l’Orfeo di Monteverdi, un prodotto locale che diventa un paradigma mai superato che imposta un sistema che varia pochissimo, comprendendo persino quello sviluppo contemporaneo. Trattare dell’Orfeo è trattare del finale inteso come rifiuto della conclusione: il lieto fine corrisponde sempre al differimento della felicità. A chiudere il sipario in una pendice di infelicità, o perlomeno di sospensione.

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Passando Il Pipistrello di Strauss, La Traviata di Verdi, Rossini, Puccini e Mozart, Marcello Fois spiega che «Il melodramma usa il sipario come una ghigliottina che taglia di netto la vicenda quando sarebbe arrivato il momento di assumersene le conseguenze. Tutto il contrario di quella mania consolatoria di cui sono infarcite quelle vicende rivolte allo spettatore attuale». Ogni storia deve restare non finita per essere finita, non centrando il bersaglio, perché esso viene centrato tutte le volte che lo spettatore, o il lettore, è libero di sentire come propria quella storia altrui e di imporre il proprio privato finale.

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In un magma di agnizioni, travestimenti, spezzoni, risoluzioni, decisioni impossibili è possibile perdersi. Per questo, spiega Fois, per capire adeguatamente la trama di un’opera lirica canonica bisogna tenere conto di vari fattori: ambientali, il melodramma è una creatura italiana anche quando è composta da autori stranieri, le storie che vi si raccontano sono quindi prevalentemente faccende di corna. Da qualunque punto ci ritroviamo ad assistere a La Traviata o Madama Butterfly alla base c’è sempre un amore incompreso, frainteso, o artatamente svelato. Segue un fattore interpretativo: il tenore è il buono, il baritono è il cattivo o scaltro e ambiguo, il basso cattivo o ininfluente, il soprano muore. Incide, per una buona comprensione dell’opera lirica, la capacità di accoppiare l’opera stessa al romanzo o alla pièce. Altro trucco è accorpare per argomenti le opere: fisiche, gelosi, incomprese, livorosi. Infine, non dobbiamo farci ingannare dalla morte del protagonista pensando che il sipario possa tagliare la scena.

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