Tradurre, tradire, trasmettere
6 9 2018
Tradurre, tradire, trasmettere

Flirtando con l'originale

È la letteratura a ricercare il senso, a ricostruire quanto la Storia ha spezzato, a restituire umanità là dove è stata negata. Una letteratura che diventa sentimento naturale, veicolo per esplorare i meandri più oscuri della mente o strumento di educazione alla libertà. Le varie sfaccettature di questo mezzo saranno analizzate dagli autori di Festivaletteratura.


Impermanenza, invisibilità e umiltà. Attorno a questi tre concetti ruota il mestiere del traduttore, il quale viene sedotto ed intimorito dal testo su cui lavora. Lo sanno bene Marco Rossari e Chiara Codecà, che hanno tradotto (ma anche consapevolmente e inevitabilmente tradito) le opere più svariate, dai primi esperimenti in età universitaria agli importanti classici che sono stati commissionati loro negli ultimi anni. I loro percorsi, in realtà, sono stati diversi e questo aspetto ha portato il primo a definire la traduzione «un’arte oscura», mentre per la seconda non è un’arte, bensì una «pratica senza regole». Lui, laureato in lettere, americanista, ha avuto la fortuna di guadagnarsi una «raccomandazione involontaria» da Fernanda Pivano, figura di riferimento del settore nonché suo personale mito. Lei, laureata in beni culturali, esperta di letteratura inglese, è stata spinta dalla madre a studiare le lingue dagli otto anni. Eppure sul palco discutono animatamente del tema proposto condividendo spunti e raccontando aneddoti con «il metodo scientifico del palo in frasca», come ironizza Rossari.

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Il vantaggio che la traduzione ha sulla versione originale è l’essere voce del proprio tempo, in qualsiasi momento venga riproposta e ripubblicata: questo però permette di dire incontrovertibilmente che l’originale non invecchia mai, mentre la traduzione sì, dato che il modo di esprimersi di una determinata epoca si esaurisce in fretta richiedendo una nuova edizione. L’originale per sua natura rimane invece intoccabile ed immutabile. Ci sono vari esempi di questa tendenza: il Moby Dick di Cesare Pavese è ricco di intuizioni geniali ma sono vari anche gli errori e le imprecisioni. Lo stesso vale per l’opera di Shakespeare tradotta da Eugenio Montale: la sensazione che si ha, come suggerisce lo stesso Rossari, non è quella di leggere il bardo, ma di trovarsi davanti a componimenti del poeta italiano. La progressiva catena di riedizioni di uno stesso testo può far incappare il traduttore nel pericoloso errore della pignoleria: il suo ruolo dovrebbe invece imporgli la capacità di distinguere fra le forme che si sono consolidate e quelle che hanno bisogno di continue modifiche. Ma questo è un compito arduo.

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Un’altra questione che i due autori affrontano riguarda l’intervento del traduttore nel testo. Per Rossari questa mossa (esemplificata dalle note di traduzione, da lui criticate) denota l’incapacità di trattare un estratto e indica l’imprudente emersione dell’ego del traduttore, il quale dovrebbe rimanere silenzioso e ben nascosto nella sua umiltà. Chiara Codecà ribatte affermando che questo è impossibile: davanti a brani di un certo tipo è inevitabile rendersi visibile nel tentativo di trasmettere il registro complesso di una lingua straniera attraverso il mezzo della propria, che quando non offre spunti nuovi per lo meno permette approcci diversi. In questo senso, i due si trovano d’accordo sul fatto che i grandi classici siano più facili da tradurre: rimanere coinvolti dallo stile è uno stimolante input per la riuscita di un buon lavoro. Testi più mediocri (che comunque sono un’ottima palestra) scoraggiano invece il traduttore, che si rende immediatamente conto della banalità dell’opera. L'autrice dunque (si) chiede: in che misura una traduzione può migliorare l’originale? Sono questioni che non possono avere una risposta diretta. Eppure entrambi riconoscono che il mestiere della traduzione è considerevolmente migliorato nel corso dei decenni.

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Rossari racconta della sua esperienza con Il Circolo Pickwick di Charles Dickens. La definisce «una convivenza», più che una traduzione. E puntualizza che la mente del traduttore è sempre sveglia e sensibile ad ogni titolo di libro, film, cartellone pubblicitario, slogan, menù del ristorante, guida turistica. Nulla scampa all’attenzione di colui che non può permettersi di distrarsi. In questa luce, una signora alla fine dell’evento commenta: «tradurre è come avere una relazione d’amore». Rossari si spinge oltre e dichiara: «la traduzione è come la prostituzione»: ti intrattieni con il testo per un periodo breve ma intenso ed esigi denaro. Tra le risate della gente sfuma l’interessante evento condotto da due membri di una categoria che, malgrado l’importanza richiesta dal ruolo, rimangono sempre confinati all’ombra dei testi originali su cui lavorano.


Per chi vuole approfondire il percorso, Festivaletteratura propone:

Evento 63 “Italia mon amour” - Evento 91 “Fino a leggermi matto” - Evento 94 “Che fine ha fatto la letteratura?” - Evento 118 “Lettori si diventa” - Evento 125 “Secolo di libri e rivoluzioni” - Evento 157 “Voci dal Novecento” - Evento 165 “Memoir americano” - Evento 182 “Su dei filobus di Leningrado” Evento 200 “Il canto delle sirene” - Evento 204 “La vita (non) è inchiostro su carta”.

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