Tutti in classe!
7 9 2022
Tutti in classe!

Ripensare la scuola del presente per preparare il futuro

È suonata la campanella anche al Festivaletteratura 2022 e il pubblico è tornato a popolare l’aula aperta di piazza Alberti per inaugurare questa nuova edizione, che si propone di affrontare, fra i tanti temi, anche quello della scuola, segnata negli ultimi due anni di pandemia da continui cambiamenti che inevitabilmente hanno imposto una riflessione a riguardo.

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Ad accogliere in classe gli studenti Franco Lorenzoni e Anna Franchin, osservatori diretti del contesto pedagogico ed educativo, che nell’evento inaugurale del ciclo “Una scuola al quadrato” hanno condiviso le esperienze derivate dall’esercizio della professione di insegnante e di studiosi del mondo scolastico. Partendo da una pagina di diario di Mario Lodi, Lorenzoni introduce quello che per lui dovrebbe essere un principio ispiratore della didattica, quella “competenza jazz” che permette di saper reagire improvvisando a uno stimolo inatteso prodotto da un allievo. Una grande lezione di pedagogia che consente all’insegnante di uscire dal percorso prestabilito, dal suo progetto didattico per accogliere l’imprevisto. Una capacità di rimodellare continuamente la materia della propria disciplina, di manipolarla secondo le situazioni, che ha come fondamento principale l’ascolto attivo degli allievi e delle allieve.

Il fondamento di una scuola inclusiva, che sta dalla parte dei bambini e delle bambine, deve tenere conto della dignità di ciascuno; una scuola realmente democratica si crea solo quando c’è ascolto, prosegue Lorenzoni. È importante quindi esercitare l’ascolto delle singole individualità, con le loro idiosincrasie, i loro pregi e i loro difetti fin dai primissimi giorni di scuola; solo così la scuola può generare ben-essere, quella sensazione di accoglienza che fa sentire ognuno a casa pur essendo in classe.

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Dialogo, ascolto, accettazione sono gli ingredienti per una scuola che rimetta al centro la collettività nella sua eterogeneità, e che abbia l’obiettivo di rendere il sapere accessibile a tutti, senza scadere nella pedanteria. A tal proposito, Lorenzoni gioca con la didattica: un aneddoto sul teorema di Pitagora è l’occasione adatta per ricordare come gli insegnanti siano professionisti delle loro discipline, ma spesso si dimenticano lo stupore che certi argomenti possono suscitare negli studenti. Questo li converte talvolta in dei «Re Mida al contrario» che trasformano la bellezza della matematica, delle lingue, delle scienze, della grammatica, in qualcosa di noioso e faticoso da studiare. Lo sforzo a cui è chiamata la comunità docente dunque è quello di far meravigliare, di far scoprire la bellezza delle proprie discipline, di generare stupore.

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Far appassionare alla propria materia è senz’altro l’obiettivo di ciascun insegnante, tuttavia la cultura non deve giungere agli studenti soltanto per via trasmissiva. Non si tratta di una critica alle metodologie didattiche frontali, quanto piuttosto di un invito a rendere l’ora di lezione un’opportunità per ciascun studente per scoprire e conoscere sé stessi. La cultura in qualche modo deve rimbalzare sull’individuo, sostiene Lorenzoni, per aiutarlo a comprendere la propria interiorità e scoprire se stesso. Lo studente deve potersi specchiare in essa per trovare quegli elementi che possano caratterizzare la sua crescita. La scuola così quindi non è più un ambiente fatto di nozioni e tabelline da imparare a memoria, bensì una palestra dove il sapere è messo al servizio della crescita interiore. Gli insegnanti hanno in questo processo una responsabilità enorme, assumono un ruolo di cura e di ascolto che hanno come fine unico soltanto lo sviluppo delle piene potenzialità di ciascun individuo. Un percorso di cambiamento che non può non prescindere infine anche da un ripensamento del tempo-scuola e degli spazi, che possono contribuire a creare un ambiente ricco, vivo e aperto calato nelle realtà cittadine e di quartiere, capaci di fare rete con il territorio.

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In definitiva, la scuola deve essere il luogo dell'accoglienza, un ambiente in cui si dà fiducia all’altro nella sua differenza e dove si garantisce a tutti e tutte il diritto a cercarsi una propria verità. Un contesto dove lo studente è sé stesso oggi, con le sue peculiarità. Così facendo si recuperano le intenzioni delle prime scuole dell’Antica Grecia, nate per aiutare le persone a trasformarsi. Capire, sapere, è cambiare; un ritorno alle origini dell’insegnamento può così contribuire a far uscire il sapere delle aule rendendo tutti più consapevoli del mondo circostante. La scuola deve fornire in questo senso gli strumenti per comprendere la realtà, per legarsi a essa, per stimolare la ricerca continua di risposte agli interrogativi che la quotidianità propone, in una continua tensione fra passato, presente e futuro. Una scuola che deve preparare senza dubbio al futuro ma che deve altresì offrire un’educazione di qualità, attenta e davvero inclusiva oggi.

Per farlo è necessario quindi utilizzare linguaggi didattici quanto più diversificati possibile, per dare a tutti la possibilità di esprimere il meglio delle proprie capacità, per garantire a ognuno l’emozione di poter dire “questo l’ho fatto io!”.

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