Un bambino che legge è già un lettore.
8 9 2022
Un bambino che legge è già un lettore.

Pierdomenico Baccalario racconta la letteratura per ragazzi

«Lo porti in biblioteca o in libreria, e lo lasci libero. Gli dici di scegliere un libro, sceglierà un libro che sarà letteratura di merchandising tratta da qualcosa di televisivo: va bene, tu lo poggi sul bancone. Gli dici di portarne un altro, e ancora. Porterà qualcosa di buono, a un certo punto. Avrai allora quattro o cinque libri fra cui avverrà la selezione: non dovrai essere tu a indicare quale libro scegliere – non funzionerebbe – bensì un mediatore: il libraio. A patto che sia una persona con cui hai realmente un rapporto, con cui vai là a chiacchierare di libri: questo i bambini lo sentono subito».

È così che Pierdomenico Baccalario, autore di innumerevoli libri e serie per l’infanzia, consiglia di guidare i ragazzi nella scelta dei libri che leggeranno. Nel cortile verde e zuppo di pioggia della biblioteca Gino Baratta l’autore parla di letteratura per l’infanzia, a cominciare dal suo essere marginale nella cultura italiana.

«Negli altri paesi è studiata come letteratura» spiega Baccalario «nel nostro come una specie di branca della pedagogia». La storia della letteratura per ragazzi non nasce in Italia, ma in Inghilterra, con L’isola del tesoro e Alice nel paese delle meraviglie; ma ha qualche propaggine italiana, perfino aneddotica. Baccalario infatti si diverte a raccontare di come Michael Ende abbia scritto il suo capolavoro a Genzano di Roma, e di come tutti i luoghi di Fantàsia si possano trovare lì, se si cerca bene.

Cosa rende davvero bello un libro per l’infanzia? Il linguaggio, innanzitutto, risponde Baccalario: l’unica vera differenza fra un lettore adulto e un lettore bambino è il vocabolario di cui dispone. («Non ha senso dire che è importante che i bambini leggano perché così diventeranno grandi lettori: un bambino che legge è un lettore già adesso».) Bisogna essere molto bravi per esprimere contenuti complessi con semplicità. Poi il «lirismo»: la capacità di muovere emozioni, senza la quale magari c’è un libro decente ma nulla di più. E la mancanza di quelle che Natalia Ginzburg chiamava «false idee»: inutile dare a un ragazzino i libri «sul bullismo», «sull’integrazione», «sul razzismo»… anche ora, a scrivere su Google «libri per l’infanzia», subito il completamento automatico suggerisce: «sull’amicizia», «sulla famiglia», «sulla diversità». «Questi cosiddetti temi sono come delle bandierine che ti pungono mentre leggi. Da bambino non te ne accorgi, ma ti pungono lo stesso».

Altre cose importanti che sono scaturite: il libro deve avere spazio, accogliere il lettore, dare modo di fare congetture, non spieghi tutto; che sia un libro del presente, o al presente molto vicino; che parli di quello che non c’è ancora, che dia al bambino futuro, strumenti. Detto questo, «possono essere anche ambientati nella preistoria».

Quest’evento fa parte di una serie chiamata «collane»: il Festival ha chiesto, come da programma, «ad alcuni autori di entrare nelle biblioteche di città e creare delle piccole collane […] legando con un filo ideale cinque libri posti su scaffali diversi». E così Baccalario ci presenta cinque libri per l’infanzia che sono stati importanti per lui.

Perché, per dirla con Henry Miller, i libri che leggiamo da piccoli sono gli unici che ci influenzano in modo totale: non solo nel privato, o nella nostra professione, o a livello spirituale, ma tutto insieme. E Baccalario non ci racconta tanto dei libri di per sé, specie dei più famosi, ma di com’era lui quando li ha letti, di cosa è cambiato in lui. Così La collina dei conigli di Adams è il libro consigliato dalla nonna e letto in campagna; La storia infinita di Ende è il libro di una febbre a 39°; Ubik di Dick il libro che in adolescenza gli ha insegnato «a dubitare della realtà». E poi letture più di nicchia, di quando l’interesse era ormai professionale, dopo che il suo destino da notaio si era trasformato in vita da scrittore per ragazzi: il pellegrinaggio nei luoghi di Tolkien che culmina nella scoperta della trilogia incompiuta di Gormenghast di Peake; la lettura del malinconico e sfumato La casa del tempo sospeso di Petrosyan.

Sono quasi tutti testi di diverse centinaia di pagine: a Baccalario non interessa «convincere i non lettori a leggere, ma i lettori a leggere bene». In tutto l’incontro, dopotutto, ci si muove fra due poli: il vedere la letteratura per l’infanzia dall’interno, pensando alle proprie letture da bambini, da un lato; e dall’altro la prospettiva adulta, pedagogica o genitoriale, di fronte al bambino che comincia a leggere a sua volta. E la domanda di cosa fare con un bambino che non legge viene dal pubblico.

«Non lasciarlo leggere» risponde Baccalario, un po’ paradossale. «Nascondergli i libri». Poi, più serio, dice: «Non si può forzare qualcuno a leggere. Si può solo circondarlo di libri, se possibile tanti, se possibile vari: anche libri sbagliati». Perché alla fin fine, al di là di tutti i consigli, gran parte delle letture dell’infanzia si dimenticano, e sono fatte perché capita, perché se ne ha voglia, perché si trovano in giro per casa. «E grandissima parte delle nostre letture d’infanzia sono spazzatura». Non c’è da scandalizzarsi: si comincia così. E poi, piano piano, da quel mare di libri si impara a selezionare, si può costruire.

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