Una crepa nel mosaico europeo
9 9 2016
Una crepa nel mosaico europeo

Il Britain exit, una scelta difficile.

Come può il Brexit essere un argomento interessante non solo per gli esperti di politica internazionale? Semplice, metti una sera un palco Peter Florence, Howard Jacobson e Jeanette Winterson e il gioco è fatto. Nel momento in cui un autore afferma «È la prima volta che la storia sarà scritta dai perdenti!» (Florence) già si capisce che piega prenderà l'evento. Tra battute e riferimenti intriganti i tre autori si sono districati con grande abilità, sviscerando la tematica nelle sue sfaccettature più serie senza mai perdere l'occasione di far sorridere il pubblico presente.

Il 23 giugno 2016 la popolazione britannica ha espresso la sua volontà di uscire dall'Unione Europea, con conseguenze potenzialmente pericolose per tutti i paesi in essa racchiusi. Ma ci si è mai soffermati sul perché di questa scelta? In soli 75 anni tante cose sono cambiate per questo continente così storicamente antico e altrettanto politicamente in formazione. Nell'agosto del 1941 fu redatto il Manifesto di Ventotene, il progetto per un'Europa unita e libera: potrebbe essere difficile vedere nei paesi europei degli interessi comuni, si tratta di paesi culturalmente diversi, nati e cresciuti in perenne conflitto, che però ritengono di dover provare a convivere insieme e uniti per la prima volta nella storia. Nel 2016 purtroppo questo progetto lungamente osannato ha mostrato le sue prime crepe evidenti.

Il 52% della popolazione britannica ha deciso di abbandonare l'Europa chiudendosi nuovamente nei propri confini. Inizialmente questo risultato è stato letto in chiave razzista, ma è davvero così semplice ridurre tutto a un sentimento che, seppure ancora presente, si rivela essere comunque un'eccezione? Come fa notare Jacobson infatti, questa scelta potrebbe essere stata dettata da un ansia genuina nei confronti dei problemi che l'immigrazione ha causato nel Regno Unito (più di un terzo dei votanti "leave" infatti ha dichiarato di essere d'estrazione politica di sinistra), o ancora essere la risposta a una mancanza di politiche economiche rivolte ai lavoratori da parte del governo stesso.

«Quello che l'1% della popolazione (quella che detiene la ricchezza – NdR) non capisce è che se abbiamo una piramide ci vuole una base solida, se questa non esiste il popolo rivolta la sua rabbia verso la persona più facilmente incolpabile: lo straniero» spiega Jeanette Winterson.

Quello che è stato considerato un “voto d'ignoranza” però, appare sempre più un complesso insieme di manovre politiche e mediatiche volte a fornire alla gente una visione di rosea speranza, in un momento storico in cui regna l'instabilità. Si è fatto leva sul punto di vista economico (pubblicità, campagne in piazza, autobus corredati da altoparlanti), sulla forza storica della Gran Bretagna capace di resistere da sola alle invasioni, sulla poca conoscenza politica reale dell'argomento da parte del popolo votante, sulla capacità dell'isola di resistere e di uscire pressoché intatta da due guerre mondiali. Quindi perché non dovrebbe sopravvivere ora? Le risposte a questa domanda sono le più svariate e ridurle a un mero elenco di argomenti non appare l'ideale. Ciò che sicuramente si può sottolineare è la necessità per l'Europa di prevenire un nuovo exit e mostrare che quel progetto, anche se imperfetto e da migliorare, è la soluzione più giusta per tutti i paesi che ne vogliono veramente far parte.

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