Una guida inaspettata
7 9 2022
Una guida inaspettata

Il percorso di Marrozzini per cambiare lo sguardo della città

Per cambiare il nostro modo di vedere la città dobbiamo prima conoscerla, poi saperla immaginare. Questo il consiglio con cui si è conclusa la visita tra i principali monumenti di Mantova guidata dal fotografo Giovanni Marrozzini.

Una visita chiamata dallo stesso Marrozzini “una condanna”, perché un fotografo non può insegnare la storia come farebbero uno storico dell’arte o una guida turistica, ma può insegnare in che modo guardarla. Il percorso parte da Palazzo Te, il clandestino, un palazzo costruito per l’ozio e la tranquillità e che non vuole essere disturbato, ma è troppo bello per non essere conosciuto.

Ma come fotografare un luogo così storicamente complesso come Palazzo Te? La risposta parte dalla conoscenza del mito nascosto dietro gli alberi che lo circondano, i tigli, simbolo di accoglienza. Per fotografare un luogo, bisogna prendersi cura di un soggetto, di unire quindi la sua storia passata e capire i cambiamenti che lo hanno portato al presente per saperli raccontare. Avere rispetto per l’atmosfera di un luogo includendola nello scatto.

A Palazzo San Sebastiano si approfondisce ancora di più il concetto. Prima utilizzato come prigione, poi come Arci, solo in seguito diventa un museo.

«Noi siamo quello che conosciamo», racconta Marrozzini, «più la nostra conoscenza si approfondisce più cambia in contemporanea la nostra visione della città». La conoscenza si costruisce attraverso il dubbio, alcune foto vivono per sempre proprio perché diventano punti di domanda, e il desiderio di risolverlo. Le mostre sono create per riunire le domande su uno specifico argomento diventando improvvisamente una risposta. Il non conoscere diviene quindi senso di colpa, per non poter guardare pienamente la bellezza di quello che abbiamo davanti e non rappresentarlo adeguatamente.

Al tempio di San Sebastiano, i partecipanti sono invece invitati a prendersi la responsabilità di scegliere come osservare un soggetto, con occhio di ciclope, una visione ristretta; o con occhi di libellula cogliendone i molteplici aspetti che lo costituiscono. Tra queste possibilità poter e dover scegliere quale rappresentare, eliminandone necessariamente altre e imponendo una determinata visione. Da qui il vero valore della conoscenza secondo Marozzini, l’eliminazione delle barriere dello sguardo e la libertà di poter guardare e scegliere tra tutte le opzioni possibili, non solo da quelle conosciute.

Il percorso prosegue poi fino alle pescherie di Giulio Romano, ponte tra i due fiumi, dove il cerchio assume un ruolo fondamentale. Per capire veramente il significato di vivere in una città bisogna muoversi intorno ad un cerchio, osservare quello che circonda un monumento per cogliere la forza del paesaggio nel suo insieme e saperne cogliere i collegamenti.

Nell’ultima tappa in Piazza Sordello si arriva a capire il vero significato di quel senso di colpa provato all’inizio, la mancanza di conoscenza e la conseguente necessità di continuare ad esplorare e capire il passato della città, solo così si può imparare a immaginarla davvero guardandola con occhi diversi e scoprire la sua unicità.

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