Undici miliardi di euro fantasma
9 9 2023
Undici miliardi di euro fantasma

Azzurra Rinaldi ci spiega, tra numeri e ironia, un concetto tanto semplice quanto devastante: che il patriarcato ci rende tutti più poveri, più tristi e più soli

Basta chiacchiere: fare femminismo è una questione urgente. Una responsabilità di tutte e tutti. E non solo perché è giusto – anche se come ragione sarebbe abbastanza: dobbiamo farlo perché è utile, perché ci porta a una società migliore. L’economista Azzurra Rinaldi, in dialogo con Francesca Coin, lo dice chiaro e tondo: l’economia politica ha ignorato per secoli numerosi temi e questioni, tagliando fuori dai propri strumenti una quantità immensa di realtà. E di questa semplificazione ne sono state vittime le donne: non solo perché sono state tagliate fuori dalla creazione di strumenti, uno su tutti l’homo economicus, che oggi sono diventate vere e proprie gabbie concettuali; ma anche perché si sono sobbarcate il carico di un’enorme economia sommersa, quella del lavoro di cura, che, se fosse monetizzata, varrebbe giusto qualche spicciolo: undici miliardi di euro.

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Ma il problema non è solo questo. L’enorme ricchezza che le donne potrebbero apportare al nostro paese se ci fosse una vera uguaglianza – donne che, ricordiamo, conseguono mediamente risultati più alti all’università rispetto agli uomini, e che quindi hanno gli strumenti per rendere anche di più degli uomini – dipende da una serie di oppressioni concatenate, in un circolo vizioso che dipanare è difficilissimo. Ma Rinaldi ci riesce con una chiarezza e un’ironia che sono una ventata d’aria fresca in un clima culturale che spesso è in difficoltà a coniugare l’accademia, l’attivismo e la divulgazione. C’è il tasso di occupazione femminile, che crolla a picco non appena inseriamo nell’equazione un figlio, e che sprofonda ancora di più se questo figlio è in età prescolare. C’è il pensiero della ricchezza ulteriore che apporterebbe un aumento della natalità stimolato non da campagne pubblicitarie che fanno marketing sugli uteri delle donne ma su un vero cambiamento economico. Ci sono i concetti di responsabilità, di socialità, di cura reciproca che l’economia politica, da Adam Smith in giù, ha ignorato per secoli, effettivamente basando le proprie teorie su un’idea di essere umano che non esiste e non esisterà mai. L’egoismo monolitico dell’homo economicus, cronicamente irresponsabile, incentrato solo su se stesso, sulla propria capacità di produrre e consumare, non può fungere da base di una società sensata.

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E infatti la nostra non è una società sensata. Quest’estate ce l’ha insegnato bene: l’emergenza femminicidi ci ha fatto capire che l’egoismo che pervade la teoria economica è parte di quello stesso circolo vizioso di violenza, anzi di violenze, che porta alla svalutazione della donna in ambito privato. I femminicidi vengono narrati come eventi isolati, raptus di uomini mostruosi. Ma non è così. La malattia della nostra cultura è un problema collettivo, una manifestazione di quella stessa mancanza di responsabilità che è passata dall’essere uno strumento descrittivo a obiettivo a cui tendere. Ed è quindi responsabilità di tutti lavorare per raggiungere una cultura non solo più giusta, ma anche più ricca e funzionale.

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