Venticinque anni dopo
4 9 2019
Venticinque anni dopo

L'eredità di Ilaria Alpi

L’evento “Per non dimenticare Ilaria” si prefigge un obiettivo tanto semplice da concepire quanto difficile da realizzare. Perché i venticinque anni che sono seguiti a quel 20 marzo 1994 in cui la giornalista fu assassinata a Mogadiscio insieme al suo cineoperatore Miran Hrovatin non sono serviti per fare chiarezza completa sulla vicenda, nonostante la tenacia dei suoi genitori e le loro pressioni. Oltre a marcare un anniversario, l’appuntamento a Festivaletteratura avviene poche settimane prima del 20 settembre 2019, giorno in cui si verificherà la sentenza sulla terza archiviazione del caso Alpi, che rischia di essere accolta facendo cadere l’evento nell’oblio istituzionale.

L’incontro inizia con il filmato di Rai Tre in cui Flavio Fusi, con voce rotta, annuncia l’omicidio di Ilaria. La giornalista romana, studiosa di arabo e già corrispondente dall’Egitto, si trovava per la settima volta in Somalia nell’arco di un anno e mezzo per indagare sul traffico criminale di rifiuti ed armi fra l’Italia e il Paese del Corno d’Africa. L’omicidio è avvenuto nella zona italiana, considerata tendenzialmente la più sicura. Sei uomini sono usciti da una jeep, hanno freddato la ragazza ed il suo fotografo. Gli appunti raccolti della ragazza, la camera di Hrovatin ed altri oggetti potenzialmente utili alle indagini non sono mai stati ritrovati.

Il video sfuma tra le note di Giorgio Signoretti e Stefano Boccafoglia, autori come Scraps Orchestra del brano “Mal d’Africa”, dedicato ad Ilaria. Segue l’intervento di Gigliola Alvisi, autrice che non ebbe modo di conoscere la Alpi di persona, ma che da anni racconta la storia della ragazza nelle scuole, mantenendo vivo il suo ricordo tra i suoi alunni. Questi sono soliti chiedere quale sia la morale della vicenda. O se sia necessario morire per raccontare la verità. A tali domande non è possibile dare una risposta, ma il solo fatto di essere riuniti per parlare di lei giustifica i quesiti e stimola un dibattito nel quale emergono le storie di tutti gli altri giornalisti sotto scorta.

Francesco Cavalli aiuta il pubblico a localizzare cronologicamente l’omicidio di Ilaria. Si trattava dell’ultima domenica di campagna elettorale prima delle elezioni che stabilirono l’inizio della Seconda Repubblica. Il lavoro di depistaggio estenuante seguito a quel marzo 1994 si inserisce in una cornice precisa della storia italiana. Marcello Fois provoca il pubblico: «siamo una combriccola di anti-italiani». Secondo lo scrittore sardo, l’eredità di Ilaria si unisce a vari eventi come la strage di Bologna o la strage di piazza Fontana, momenti che se da un lato risvegliano di tanto in tanto una certa certa coscienza nazionale, dall’altro decadono al mero livello di statistiche assumendo quindi la forma di avvenimenti non originali. Riprenderli in mano per analizzarli rappresenterebbe una prospettiva poco entusiasmante. Ma è proprio ciò che questo evento si propone di fare, riesumando la vitalità delle narrazioni di e su Ilaria ed illuminando ciò che di più grande la giornalista ci lascia in eredità. Lo stesso elemento che, secondo le parole finali di Roberto Saviano mostrate sullo schermo, spaventano maggiormente chi non vuole ricordare: il suo talento.

Festivaletteratura