Acquasanta. Un viaggio verso e dentro Lourdes
6 3 2024
Acquasanta. Un viaggio verso e dentro Lourdes

Il reportage in forma di podcast di Verdiana Benatti e Lucia Botti, scelto dalle giurie dei pitching di Meglio di un romanzo per essere sviluppato a puntate sul sito di Festivaletteratura

Quattro puntate per raccontare le tappe di un viaggio dall'Italia a Lourdes, il cui santuario mariano, ai piedi dei Pirenei, dalla seconda metà dell’Ottocento a oggi è divenuto uno dei principali centri della cristianità in Europa, ospitando milioni di pellegrini provenienti da ogni parte del mondo. A partire dalla raccolta di numerose testimonianze sul campo e seguendo il flusso di visitatori che nei decenni ha trasformato il paese in una poderosa struttura ricettiva, Verdiana Benatti e Lucia Botti hanno realizzato Acquasanta, un reportage in forma di podcast selezionato a Festivaletteratura 2023 dalle giurie dei pitching di Meglio di un romanzo per essere sviluppato a puntate sul sito di Festivaletteratura e sulla rivista Q Code Magazine. Pubblicato a cadenza settimanale tra marzo e aprile 2024, le puntate di Acquasanta sono disponibili su tutte le principali piattaforme di podcast.


Acquasanta. Un viaggio verso e dentro Lourdes
di Lucia Botti e Verdiana Benatti

Quarta puntata: Piene di grazia

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Ci sono simboli che sopravvivono al ricambio generazionale e legano con un filo invisibile le infanzie di tutti. Le scatole di latta, ad esempio: un giorno improvvisamente non contengono più i biscotti, ma aghi e filo. Oppure le caramelle Rossana, reperti appiccicosi dimenticati sul fondo di qualche vecchia borsa. Forse però la residenza più lunga nelle case delle nostre nonne se la aggiudicano le madonnine di acqua santa, che stazionano imperturbabili sulle mensole per decenni. Sono il souvenir più celebre di ogni pellegrinaggio a Lourdes. Il nostro viaggio parte da quelle mensole e procede a ritroso verso il luogo in cui sono state acquistate, per indagare una storia complessa che si snoda su più livelli.

Il 7 dicembre 2023 siamo partite da Torino con un bus che a bordo contava settantasette pellegrini, due autisti e Massimo, l’animatore spirituale. Noi, dal canto nostro, avevamo più domande che risposte: ci chiedevamo come venisse raccontata Lourdes dai fedeli, cosa sperasse di trovare chi partiva, ma anche come si bilanciassero spiritualità e commercio selvaggio di souvenir sacri.

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Queste incognite ci hanno spinto ad elaborare un progetto di podcast basato su un’intuizione di Mario Soldati. Nel 1934, il giornalista decise di partire sul Treno Verde famoso per trasportare malati, volontari, personale medico e religioso a Lourdes. Soldati lo descrisse come un treno “profano, gastronomico, militaresco, avventuroso”, applicando ai suoi compagni di viaggio lo sguardo clinico del giornalista, che non nascondeva un profondo scetticismo verso i riti e le gestualità a cui assisteva. Tuttavia, ammise di cogliere una certa “continuità cattolica e mediterranea” nello spostamento di quel convoglio di persone dall’Italia alla Francia; e, forse, i pellegrinaggi erano proprio questo, momenti di scambio sociale, di commercio, di idee.

A quasi un secolo di distanza, abbiamo provato a creare un ponte fra lo scetticismo del giornalista e quello della nostra generazione, nel tentativo di decostruire lo storytelling tradizionale di Lourdes. Infatti, prima ancora di essere la capitale dei pellegrinaggi mariani nel mondo, Lourdes è una complessa operazione narrativa costruita attorno alla figura di Bernadette Soubirous. La quattordicenne, che tra il febbraio e il luglio 1858 dichiarò di aver visto apparire per diciotto volte una “bellissima signora vestita di bianco e di azzurro” dentro la grotta di Massabielle, è la coprotagonista assieme alla Madonna della vita della cittadina. Le due appaiono un po’ ovunque, a loro sono intitolati la maggior parte di alberghi e ristoranti e vengono rappresentate sui gadget in tutti i numerosissimi e coloratissimi negozi di merchandising sacro.

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Bernadette e Maria alimentano una sorta di curiosità morbosa nei pellegrini. Ce ne siamo accorte durante la visita guidata al museo dedicato alla vita e alla storia della santa. Alcuni aneddoti scatenano sguardi increduli e mormorii di stupore, come la leggenda secondo cui il certificato di battesimo di Bernadette sia l’unico reperto sopravvissuto all’incendio della chiesa parrocchiale. Questo è un altro aspetto che abbiamo cercato di indagare con il nostro lavoro, pensando al rapporto fra credente e bisogno di testimonianze fisiche come reliquie, fotografie o oggetti votivi per rafforzare la propria fede.

Oggi Lourdes è arrivata a contare un flusso di sei milioni di persone l’anno, fra semplici curiosi, turisti del sacro e cercatori di miracoli. Proprio il concetto di miracolo, che è spesso presente nell’intersezione fra dibattito scientifico, filosofico e teologico, ha subito per lungo tempo obiezioni e riflessioni. Nonostante il razionalismo occidentale preveda una netta separazione fra scienza e spiritualità, declassando a superstizione tutto ciò che non affonda le sue radici nella logica, i miracoli di guarigione rimangono un mistero avvincente. Lourdes è famosa principalmente per essere il luogo di guarigione dei corpi, a differenza di altre mete di pellegrinaggio come Medjugorje, che è celebre invece per la guarigione dello spirito, come racconta il parroco che ci ha accompagnato, Don Julian. L’accertamento delle guarigioni scientificamente inspiegabili prevede un certo livello di interdisciplinarietà fra analisi cliniche e ragioni incomprensibili dal punto di vista scientifico.

Alessandro De Franciscis, presidente del Bureau des Constatations Médicales di Lourdes, ha affermato che dal 1858 ad oggi sono state dichiarate circa 7.500 guarigioni, di cui solo 70 riconosciute come inspiegabili dalla medicina e di conseguenza miracolose per la Chiesa Cattolica. In un’intervista, lo stesso De Franciscis ha spiegato che Lourdes è un fallimento completo, se la pensiamo come una clinica. La medicina infatti contempla regressioni spontanee di malattie anche molto gravi in un numero nettamente superiore rispetto a Lourdes; è un fenomeno che accade indipendentemente dal bagno nelle piscine del santuario. “La fede, al massimo, può servire come mediazione soprannaturale per il paziente guarito”, prosegue De Franciscis, “la commissione medica di Lourdes si limita a studiare la guarigione secondo i sette criteri delineati dal cardinale Prospero Lambertini nel 1734 e sempre in maniera collegiale e documentata”. Questi sette criteri si possono riassumere in tre fattispecie, ovvero la diagnosi e la prognosi della malattia devono essere gravi, la guarigione deve risultare improvvisa, istantanea, clinicamente completa e durevole nel tempo e il paziente non deve essersi sottoposto a terapie per curarsi.

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La pianta di Lourdes è facile da fotografare mentalmente se la si immagina come un diagramma di Eulero-Venn, che mostra tutte le relazioni logiche e gli intrecci possibili tra un numero di insiemi diversi. C’è un aggregato più piccolo rappresentato dall’area del santuario, dove si collocano le tre basiliche di riferimento per i pellegrini: la basilica dell'Immacolata Concezione, la basilica di Nostra Signora del Rosario e la basilica di San Pio X; qui si esprime e si concentra il grosso della vita religiosa. Il complesso di Nostra Signora di Lourdes a sua volta si interseca con un’area più vasta, che non è stata acquistata dalla Chiesa ma ne fa gli interessi in maniera indiretta. Si tratta della zona commerciale che ospita quasi esclusivamente negozi di souvenir sacri e alberghi dove alloggiano i fedeli in visita. C’è infine un terzo insieme che abbraccia i restanti due senza che però siano tangenti. È la città alta di Lourdes, quel complesso di case e attività laiche che esistono in maniera autonoma rispetto al santuario, ma in qualche modo ne subiscono la presenza. Giovanni, uno degli autisti, ha definito questa città nella città “il dopo”, come a creare una distinzione spaziale e temporale rispetto a una realtà che invece vive di uno spazio e di un tempo propri.

L’ultimo giorno abbiamo deciso di esplorare quest’area che di norma viene trascurata dai pellegrini. Abbiamo chiacchierato con una barista, alcuni pensionati che camminavano fra i banchi del mercato e Shiro, un apicoltore che faceva volantinaggio per Emmanuel Macron e che ci ha spiegato come pronunciare il suo nome partendo da Schio, il paese in provincia di Vicenza. Quello che è emerso dalle nostre conversazioni può essere riassunto in modo molto conciso: “On vend tout à Lourdes”. Si vende tutto a Lourdes.

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Sensibilità personale e spiritualità sono forse le due variabili che producono interpretazioni di Lourdes diverse: un luogo di compromessi, dove si può pregare e chiudere contemporaneamente un occhio sulla proliferazione di negozi, perché “comunque l’economia deve girare e a me i souvenir piacciono”, come ha confessato una pellegrina. Un posto in cui accadono i miracoli, dove malati o anziani si recano per trovare conforto e stringere rapporti con persone dalle storie simili e ugualmente dolorose. Oppure una meta folkloristica che per tipologia di insegne al neon e personalità pacchiana sembra la Las Vegas del Cattolicesimo. Ma da qualunque prospettiva la si guardi, Lourdes è uno spaccato umano estremamente affascinante. Contrariamente alle sensazioni pre-partenza, l’interazione con i pellegrini ha creato un certo imbarazzo ma non per i motivi che ci aspettavamo. Tutto quel fervore religioso, ceri e crocifissi venduti in qualsiasi materiale, dimensione e fluorescenza, alcuni riti come baciare la roccia della grotta in cui pare che la Madonna sia apparsa o pregare inginocchiati per terra sotto la pioggia, in atto di totale abbandono, sono aspetti che metteranno quasi sicuramente l’ateo a disagio. Non si sente però la voglia di ridicolizzare quel mondo, quanto più la difficoltà di connettercisi in modo pragmatico, da ricercatrici, da laiche o più semplicemente da curiose, essendo quel mondo estremamente intimo e chiuso in se stesso.

A Lourdes abbiamo conosciuto vedovi che hanno incontrato i loro nuovi compagni durante il pellegrinaggio, figli rimasti orfani che provavano ad elaborare il lutto dei genitori, nipoti che viaggiavano con i nonni, e anche un uomo che da 24 anni accompagnava la cugina malata di sclerosi multipla. Quasi nessuno di loro ha voluto farsi intervistare. Il superamento dei traumi personali a Lourdes diventa un fenomeno collettivo, una sorta di catarsi comune che si articola grazie alla liturgia e al contatto con l’acqua miracolosa, in modo non del tutto razionale ma comunque potente. D’altra parte, la ricerca di conforto non deve necessariamente passare attraverso il metodo scientifico.

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Volevamo raccontare Lourdes attraverso le voci e le ragioni dei pellegrini, ma non abbiamo trovato tutte le risposte che cercavamo, tornando anzi a casa con nuove domande. Soprattutto, la curiosità di scoprire se esistessero figure femminili concepite solo in quanto tali e non come veicoli di qualcun altro. Bernadette è il tramite umano per accedere al divino, che si manifesta nella figura di Maria. Entrambe sono vergini, sante e piene di grazia, la prima nubile e totalmente devota, la seconda famosa per aver messo al mondo il figlio di Dio ed esserne diventata di conseguenza l’intermediaria. La questione rimane aperta, ma una cosa l’abbiamo intuita: la Madonna è estremamente pop e semplice da capire se non si ha la necessità di adottare una chiave di lettura femminista. La sua mancanza di corporeità, il dogma secondo cui non è morta ma è stata assunta in cielo, e la totale assenza di reliquie a lei appartenenti l’hanno resa probabilmente il soggetto perfetto per le apparizioni.

La sensazione più ingombrante che ci siamo riportate a casa è quella di una stanchezza generalizzata, non solo fisica, soprattutto mentale. Fisica per aver percorso quasi 1900 chilometri in tre giorni, dormendo due notti sui sedili reclinabili di un bus gran turismo e lasciandoci coinvolgere per il resto del tempo in attività scandite con ritmi militari. Mentale, dovuta principalmente alla fatica di adattarsi ad un mondo nel quale potevamo essere solo spettatrici o goffe imitatrici di una routine che non ci apparteneva: colazione, rosario, via crucis, pranzo, messa, altre preghiere, cena, fiaccolata, ancora preghiere. Ad un certo punto però, forse per emulazione o per suggestione, abbiamo sentito la tentazione di abbandonarsi anche noi al canto in mezzo alle centinaia di voci corali della Messa Internazionale. Anche Soldati racconta che Lourdes è piena di musica, e noi la musica l’abbiamo trovata nella registrazione un po’ gracchiante diffusa da Massimo sull’autobus in partenza, negli altoparlanti che trasmettono in filodiffusione canti e preghiere attorno alla grotta, nelle campane che sembrano battere il tempo lì ancor più che altrove e pure nelle nostre voci quando, a fine viaggio, seppure sollevate, comunque cantavamo “Arrivederci” assieme agli altri pellegrini.

Questo viaggio è diventato Acquasanta, un podcast in quattro puntate, che potrete ascoltare su tutte le piattaforme a partire da marzo.

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LE AUTRICI:

Verdiana Benatti è una docente di Lettere e si occupa di narrazione orale. Ha partecipato al Laboratorio di Radiofonia di Usmaradio al Festival di Santarcangelo e fa parte della redazione di Rassegna Stampa per Bambini. Negli anni ha collaborato con diverse realtà per le quali ha ideato, curato e montato podcast.

Lucia Botti è una dottoranda in Global Studies presso l'Università di Macerata, dove si occupa principalmente di violenza contro le donne in contesto di conflitti armati. Da sempre appassionata di scrittura creativa e giornalismo, ha collaborato con varie realtà editoriali nel corso degli anni.

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IL PROGETTO

Meglio di un romanzo è un progetto nato a Festivaletteratura nel 2013. È coordinato dal giornalista e condirettore di Q Code Magazine Christian Elia ed è rivolto a giovani autori di età compresa tra i 18 e i 30 anni che vogliano presentare al Festival un’opera inedita di giornalismo narrativo, tanto individuale che collettiva, in forma di reportage tradizionale, podcast o videoracconto. A partire dal 2017, dopo il lancio del bando annuale e la proposta dei temi, la selezione delle candidature e la discussione dei lavori al Festival in occasione delle pitching session, uno dei progetti partecipanti viene scelto per essere sviluppato a puntate sul sito e sui canali social di Festivaletteratura e della rivista Q Code Magazine. Negli anni sono nate produzioni originali capaci di raccontare realtà poco note del nostro Paese e non, talvolta completamente trascurate dalla stampa mainstream: città in rovina, universi lavorativi, eremi di silenzio, sanatori e sentieri dimenticati, quartieri difficili, paesaggi fluviali.


Meglio di un romanzo è un progetto realizzato in collaborazione con Intesa Sanpaolo. Per maggiori informazioni: tel 0376.223989; [email protected].

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