Bibliopatologie
10 9 2022
Bibliopatologie

Hans Tuzzi e Antonio Castronuovo sulle manie che colpiscono chi ama i libri

  1. Possedere una biblioteca d’uso ordinata e catalogata secondo un personale criterio, che risponde ai propri interessi;
  2. Ricollegare un libro, antico o recente, di grande pregio o di poco valore economico, alla veste originale che aveva quand’è uscito e sentire il bisogno di possederla, quella prima edizione;
  3. Riporre un’attenzione assoluta, un profondo ossequio, nei confronti del libro in quanto oggetto fisico; provare amore per l’oggetto, quasi una forma di lussuria.

Questi, secondo Hans Tuzzi e Antonio Castronuovo, sono i primi sintomi che insorgono quando si è colpiti da bibliofilia. Essere bibliofili non è esattamente come essere collezionisti, anche se spesso i due concetti si intersecano e sovrappongono. Il collezionista vuole tutto: se, ad esempio, è appassionato di Proust, troverà pace solo quando possiederà tutti i pezzi più rari e prestigiosi della storia editoriale di Proust. Il bibliofilo, di contro, desidera che la collezione non finisca mai.

Esistono vari livelli di collezionismo e si può collezionare secondo diversi criteri: un autore o un genere, un periodo storico, un editore in particolare, una collana. La cosa più importante, nel collezionare, è la passione: non dev’essere un processo di stoccaggio, ma deve implicare cultura, sapere.

A tal proposito, in una lectio tenuta a Torino nel 2007, Umberto Eco cita un esempio che definisce molto bene la condizione di smania che pervade il bibliofilo. Gilberto di Aurillac, poi Silvestro II, primo papa di nazionalità francese, era divorato dall’amore per i libri. Desiderava moltissimo possedere un manoscritto introvabile della Pharsalia di Lucano: mandò un suo emissario ad acquistarlo, promettendo al venditore, in cambio, una sfera armillare in cuoio.

(caricamento...)

Quando il codice bramato arrivò nelle sue mani e Gilberto poté sfogliarlo, si accorse che era un codex mutĭlus, cioè mutilo, mancante di una parte finale. Non poteva sapere che Lucano era stato invitato a tagliarsi le vene da Nerone e non aveva per questo potuto finire il suo poema: il manoscritto presentava, a tutti gli effetti, l’unica versione possibile e completa. Gilberto di Aurillac non avrebbe mai restituito al mittente quel preziosissimo oggetto che aveva cercato per così tanto tempo: quindi, per non privarsi almeno di metà del suo tesoro, decise di inviare al suo corrispondente non la sfera armillare intera, ma solo mezza.

C’è una fase successiva rispetto alla bibliofilia, che è il suo stadio patologico: la bibliomania. La bibliomania è l’accumulo eccessivo di libri, anche fine a sé stesso. È quando non ci si riesce a controllare, quando si è preda di frenesia di ammucchiamento. Quando, ad esempio, si entra in libreria perché si sta cercando uno specifico titolo e si esce con quello e altri tre, perché “non si ha saputo resistere”. Così le librerie, le case, gli scantinati, le soffitte dei bibliomaniaci vengono riempiti di libri, molti dei quali rimarranno inesorabilmente non letti. La pila dei libri non letti è, purtroppo, una realtà a cui ogni lettore appassionato è abituato, che sia affetto o meno da bibliomania. Ci sono sempre le fila degli “un giorno”, “in futuro”, “quando avrò tempo”, “quando sarò in vacanza”, ecc. Certi libri si inseguono per anni e poi, una volta che li possediamo, rimangono comunque intoccati nella libreria. Tuzzi difende questo atteggiamento: «È giusto che i libri vengano ammassati», dice. Anche un libro richiede il tempo appropriato per essere letto.

Il risvolto negativo della bibliomania esiste quando diventa esibizionismo. Ma può avere anche risultati molto positivi e un’utilità storica. Un esempio clamoroso è quello di Antonio Magliabechi. Fiorentino e bibliotecario, fra gli altri, del cardinale Leopoldo e del principe Francesco Maria de’ Medici, la cui più grande passione della vita furono i libri. Li acquistava, li riceveva in dono, li studiava giorno e notte: per accumularne sempre più era disposto a qualsiasi sacrificio, al punto di condurre una vita solitaria, frugale e trasandata. Cronaca vuole che anche il suo letto e le sue coperte fossero fatti di libri. Tutto ciò portò a un risultato straordinario: Magliabechi collezionò all’incirca 30.000 volumi, tra manoscritti e libri a stampa. Questa eredità, lasciata alla città di Firenze, permise di istituire la sua prima biblioteca pubblica e tuttora costituisce il nucleo originale della Biblioteca Nazionale di Firenze.

(caricamento...)

Ma la bibliomania può avere risvolti positivi e utili anche in un senso meramente pratico. Little Tony, per un’intervista, venne fotografato seduto di fronte alla parete del suo salotto, interamente coperta di libri. «Li ha letti tutti?», chiese l’intervistatore. «No, nemmeno uno. Mi piace comprarli per arredamento: mi piacciono, sono colorati, fanno allegria».

Su 100 italiani, 53 non leggono nemmeno un libro all’anno. Se anche solo la metà di questi 53 prendesse esempio da Little Tony, case editrici, librerie, scrittori, scrittrici e il mercato del libro in generale ne gioverebbero incredibilmente. Non occorre, quindi, essere appassionati di letteratura, né bibliofili, né bibliomaniaci, né collezionisti, per aiutare e contribuire affinché il libro non si estingua. Basterebbe aver bisogno di un soprammobile.

Festivaletteratura