Come dire l'amore
9 9 2022
Come dire l'amore

Antonio Prete, autore di Carte d’amore, risponde alle domande di Maurizio Bettini, tessendo un genuino credo verso la Letteratura, raccontando le vicende di innamorati di tutte le generazioni.

I fasci di luce che entrano delicati dalle finestre della Basilica Palatina di Santa Barbara costruiscono insieme al pubblico appassionato della terza giornata di Festivaletteratura la perfetta ambientazione di un evento che subito si trasforma in una lunga dedica all’amore, alla sua universalità e a tutti quei doni culturali che questo ha portato, grazie alla penna dei più svariati autori.

Maurizio Bettini chiarisce subito la peculiarità del romanzo presentato e del suo autore: «In questi capitoli si denota una capacità caleidoscopica straordinaria». Questo trattato sull’amore conquista il lettore presentando un ventaglio di temi, ed è proprio intessendo letterature che diventa questo un vero e proprio libro di libri. Antonio Prete diventa un "cappellano contemporaneo", che narra con exempla le sfaccettature della passione più dolce e umana, dalla tenerezza alla gelosia.

In questo oceano di sentire e di autori non trova spazio il punto di vista prettamente psicologico: Prete risponde all’osservazione citando il padre della psicoanalisi, Sigmund Freud, il quale a suo tempo affermò che «Tutto quello che dico lo devo alla letteratura». L’obbiettivo del trattato è cercare quindi l’amore nella letteratura attraverso la fede in questa, utilizzandola come lente d’ingrandimento del sentire e del sentimento, in uno studio articolato della lingua e delle parole degli autori.

L’autore è convinto che la lingua dell’amore sia barbara per chi non ama, e in questa sua affermazione si può sentire la profonda passione che prova nei confronti delle parole, in un'intima devozione verso la moltitudine di linguaggi che l’uomo utilizza per spiegare sé stesso; è in questo senso che Prete si sente di raccontare i codici che ha analizzato. Quando inizialmente Bettini definisce il lavoro dietro Carte d’amore un «peculiare saper tessere letterature», parlava proprio di questo: come un torrente in piena, Prete dichiara, citando Baudelaire, che il discorso sull’amore è in continua relazione con le arti. Parla delle sue esperienze autobiografiche, argomentando un’occasione che gli dimostrò l’importanza fondamentale del silenzio e della sua capacità di far parlare lo spettatore/lettore, dando spazio alla riflessione; cita la figura usurata del bacio, da lui trattata in diverse occasioni nel libro.

«Un libro è metà di un dialogo»

Ci si interroga su quale sia il momento per concludere un’opera: «Il primo verso è un dono, il resto è lavoro» risponde Prete, riflettendo poi che maggiore importanza dell’incipit lo ha appunto la conclusione, perché è il momento in cui entra in scena la riflessione del lettore.

In questo dialogo tra lettore ed autore, Prete conclude dicendo che nella sua opera si è affidato principalmente ai classici, considerando il lavoro della rilettura un atto di fede e un compito da svolgere per il bene della letteratura e dei classici stessi: «Un classico è tale se lo si rilegge», dice, citando Calvino.

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