Graphic novel calling
10 9 2022
Graphic novel calling

Il fumetto come strumento per intervenire sul sociale nelle parole di Zerocalcare, Rita Petruccioli ed Espérance Hakuzwimana

La nona arte, il fumetto, sta vivendo un florido periodo di visibilità, soprattutto perché è un efficace strumento per descrivere, raccontare, corteggiare, emancipare, ironizzare e demolire il mondo sociale in cui è stato concepito. L’attivista Espérance Hakuzwimana, moderatrice dell’incontro, spiega al pubblico che il papà le ha insegnato a leggere i giornali dal fondo per cambiare prospettiva, e che quindi anche oggi partirà dagli ultimi lavori dei due fumettisti presenti. Rita Petruccioli ha lavorato ad un’inchiesta sulla violenza ostetrica, argomento su cui ancora pesa una considerevole disinformazione.

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Zerocalcare ha invece compiuto un altro viaggio nel territorio del Kurdistan, come avvenne per il suo Kobane Calling. Il libro uscirà a inizio ottobre. «Non ho risposte edificanti», ammette. L’autore ha studiato il confederalismo democratico, un sistema a cui ha aderito la popolazione curda che si basa sul rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo e della donna. È necessario che qualcuno ci vada per raccontare ciò che forse scomparirà, vuoi per la minaccia della Turchia, vuoi per la presenza dell’ISIS che ha massacrato la popolazione degli ezidi a Shengal nel 2014.

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Riguardo alla necessità di queste storie si aggiunge Hakuzwimana, che le vede possibili solo in relazione al coraggio, anche se, inizialmente, «una delle cose che più ha caratterizzato la mia formazione è stata la codardia». Petruccioli riconosce che quando prende in mano la matita c’è sempre dell’incoscienza che poi diventa consapevolezza attraverso il processo artistico finalizzato all’urgenza della storia da raccontare. Zerocalcare è d’accordo ma si oppone alla retorica per cui un autore che tratta temi delicati in contesti delicati è automaticamente un autore coraggioso. «Noi siamo tutelati, sono altre le vicende per cui userei la parola coraggio», come il caso di Lorenzo Orsetti, soldato italiano che ha combattuto ed è stato ucciso a fianco delle milizie curde.

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Hakuzwimana interroga gli ospiti sul concetto di limite e su come lo gestiscono nelle loro opere. Per Petruccioli è esasperante, perché «un libro a fumetti è misurarsi con un limite, che è sia una vittoria, sia una sconfitta». Per Zerocalcare la strategia è la ricerca di confronto: «lo scambio mi dà sicurezza». Una dinamica collettiva è possibile anche nelle storie personali e autobiografiche, come molte di quelle dell’autore. La difficoltà nell’era Covid è stata la non ricerca di una sintesi, fattore che ha pesato sulla sua produzione. Ricollegandosi all’esasperazione di cui parla Petruccioli, Hakuzwimana riconosce che «stare nella fatica è stato uno dei processi che ho cercato di accogliere, per quanto possa essere drenante», e da questo stimola gli autori sul tema dell’appropriazione, ammettendo che «spesso mi è stato chiesto di raccontare storie solo perché ero una donna nera». La fumettista sente costantemente un filtro nelle storie, che siano quelle che sceglie di raccontare o quelle che le vengono chieste. Se c’è qualcuno altro più esperto o più toccato da una determinata questione è giusto che sia lui o lei ad affrontarla. Zerocalcare, che ha lavorato con realtà sociali e culturali molto distanti da lui come i curdi o i carcerati, per evitare di “appropriarsi” ingiustamente di materiale emotivo di appartenenza altrui, cerca di parlare il più possibile con le persone coinvolte e di mettere sul piatto la sua inadeguatezza.

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L’attivista chiede ai fumettisti di commentare il loro rapporto con i social e con un’esposizione mediatica forte in cui si può essere molto vulnerabili. Petruccioli esordisce dicendo che «i social sono amore e odio. Sono il miglior portfolio che io possa avere e la miglior finestra per scoprire nuove idee. Allo stesso tempo sono una bolla che non riesco a gestire». Senza i social l’autrice romana non avrebbe potuto ottenere viralità per la questione della Casa delle Donne Lucha y Siesta. Zerocalcare non farebbe questo mestiere se non ci fossero stati i blog, anche se è pericoloso perché «non esiste distinzione fra la sfera lavorativa e la sfera privata». È sempre meglio lasciar parlare le opere e non gli autori.

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«Qualunque autore opera una sintesi e quella sintesi è una riduzione del reale», conclude Petruccioli. «L’unica onestà che posso garantire è verso me stessa». È d’accordo Zerocalcare, anche se non si vede imparziale. Il suo ultimo libro è una storia partigiana, nel senso che lo scrittore chiaramente parteggia per i curdi. Ma non si smorza l’impressione che il riscontro del pubblico sia buono, anche chi non la pensa come lui.

L’incontro si chiude con le domande del pubblico, tra le quali spiccano le provocazioni bonarie di Giacomo Bevilacqua, autore e amico di Zerocalcare. E sull’eventualità di un fumetto sulla questione palestinese, l’autore chiosa: “uno non può fare le robe come un opinionista, non può accedere una luce e poi spegnerla per dedicarsi ad altro”. Scrivere e disegnare fumetti, soprattutto con una forte valenza sociale come nel caso dei due ospiti, richiede anni di studio e lavoro. Ma consente loro l’espressione più genuina della loro creatività artistica.

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