Il Mondo Perduto di Paolo di Paolo
6 9 2019
Il Mondo Perduto di Paolo di Paolo

Immagini nascoste, storie da ritrovare e conservare

Nel racconto giornalistico contemporaneo l'immagine rappresenta indubbiamente il mezzo più potente e insieme più utilizzato. La scelta di una descrizione meramente didascalica di un evento o ancor peggio di una composizione estetica che distoglie dalla comprensione di ciò che si fa vedere è spesso la soluzione più praticata da chi sta dietro la macchina fotografica. Guardare oltre la superficie, puntare l'obiettivo là dove si può trovare l'inizio di un racconto è invece la cifra etica e poetica di un fotogiornalismo che sta trovando sempre migliori interpreti a livello internazionale.

Intorno a questi temi e al concetto di visione - secondo i punti di vista non sempre coincidenti di discipline e professioni vicine all'ambito fotografico - ruoterà La libellula e il ciclope, un dittico di appuntamenti a cura di Frammenti di fotografia e Giovanni Marozzini.


È l’elegante Sala dei Cavalli di Palazzo Te, non a caso un tempo destinata al ricevimento degli ospiti e alle più importanti cerimonie, ad accogliere Giovanna Calvenzi, Marco Brioni e Ruggero Ughetti per ripercorrere la storia e gli scatti di Paolo di Paolo, fotografo di punta del settimanale Il Mondo tra gli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso.

Frammenti di Fotografia, a cura di Ruggero Ughetti e Marco Brioni, realtà culturale mantovana che si occupa di raccontare la fotografia e la sua storia.

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È la figlia del fotografo novantacinquenne, alla ricerca di un paio di sci, a ritrovare in cantina agli inizi del nuovo Millennio quei «leggendari» 20 scatoloni contenenti le 250.000 immagini - fotografie e provini a contatto - che compongono il “mondo perduto” di Paolo di Paolo, «roba passata», da dimenticare.
Ma Silvia di Paolo non desiste e dopo 20 anni dalla riscoperta dell’archivio, 250 di queste immagini sono adesso il corpus di un libro e di una mostra - ancora per pochi giorni al MAXXI di Roma - di cui Giovanna Calvenzi, mediatrice dell’evento, è curatrice insieme al «competente, combattente e preciso» di Paolo.

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Paolo di Paolo si auto-definisce "la Greta Garbo della fotografia": «quando ho capito che non c’entravo più niente col mondo editoriale sono sparito». Nel 1966 Il Mondo di Pannunzio, periodico a cui il fotografo era molto affezionato chiude; nel 1968 Tofanelli - suo riferimento culturale - lascia la direzione di Tempo. La nuova scena editoriale, quella che non dà incarichi ma ricerca «scatti da paparazzi» non è più il luogo adatto ad un fotogiornalista sempre pronto a chiedere autorizzazioni per ritrarre con rispetto personaggi del mondo culturale e intellettuale dell’epoca - Pier Paolo Pasolini, Monica Vitti, Tennessee Williams e tanti altri - la provincia italiana e la rinascita di un Paese per il 47% semi-analfabeta - dati ISTAT 1951 - in cui ancora si calpestavano le ceneri della Seconda Guerra Mondiale.
Paolo di Paolo si ritira dunque in campagna, ricomincia gli studi di arte e filosofia, collabora come redattore e curatore di libri e calendari per l’arma dei Carabinieri per oltre 40 anni divenendo progettista editoriale e grafico e rifiutando autonomamente di preservare la sua collezione.

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La conservazione del patrimonio fotografico è un punto importante per il ministro per i beni e le attività culturali Dario Franceschini. Proprio lo scorso anno la Corte dei Conti ha registrato la Direttiva per la conservazione permanente e la «valorizzazione della Fotografia come parte rilevante dell’arte contemporanea e della creatività italiana».

Può un tale Piano strategico portare alla luce ulteriori "Paolo di Paolo" nascosti in Italia? «Non credo abbia tanti emuli», dichiara Giovanna Calvenzi. «La situazione del suo archivio l’ha voluta lui, non è imputabile al governo. Ma che l’arte fotografica debba diventare patrimonio collettivo attraverso una regolamentazione istituzionale è importante». Gianni Paini ha un archivio nel suo studio; quello di Federico Patellani è in comodato alla Regione Lombardia e ospitato dal Museo di Fotografia Contemporanea a Cinisello. Il museo ha una struttura solida e ricercatori qualificati. Una realtà da emulare.
«La fotografia ha bisogno di passione e progettualità, di qualcuno che la pubblichi e la renda pubblica, ha bisogno di una mediazione e di qualcuno che la renda fruibile», continua la Calvenzi. «La fotografia rimane un’arte media che esiste e vive solo se c’è qualcuno disposto a guardarla, non importa su quale supporto».


Per chi vuole approfondire il percorso, Festivaletteratura propone:

Evento 79 “Un tesoro ritrovato” - Evento 111 “Orientare lo sguardo” - Evento 171 “Il reportage tra giornalismo e documento antropologico” - Evento 182 “Le foto parlano al mio posto” - Evento 227 “La fotografia è un haiku”.

Festivaletteratura