L’amore vince sempre la morte
9 9 2023
L’amore vince sempre la morte

Dialogo interreligioso tra Oriente e Occidente sulla vita e sulla morte

Un tema emotivamente intenso il rapporto tra la vita e la morte. In dialogo con le tradizioni di Oriente e Occidente. Un dialogo già in atto grazie a persone come Ilenya Goss, pastora della chiesa valdese di Mantova, e Anna Maria Shinnyo Marradi, maestra della scuola Soto-Zen buddista giapponese. Un confronto che ci interroga come esseri umani, incontro interreligioso. E anche un confronto fra due donne che hanno fatto una scelta religiosa molto forte. Ci sono tante scuole di buddismo, con varianti tra di loro, con origini e tradizioni diverse. Il buddismo seguito dalla maestra Marradi è il buddismo che ha come riferimento Dogen, che insegnò in Giappone all’inizio del 1200. Quando un uomo incontra una cosa, entra in quella cosa. Una pratica nella pratica, in uno spirito di gratuità. Chi incontra la vita, compie la vita. E così chi incontra la morte compie la morte. Sono esperienze totalizzanti ma che rimangono a sé stanti. La vita è totalmente vita e la morte totalmente morte. Quindi dobbiamo vivere appieno la nostra vita, prendercene cura, vivendo pacificati. Come la legna se brucia diventa cenere e quindi ha un prima e un dopo completamente separati, così è la vita. Proprio perché è separata dalla morte hanno un’incidenza. Occorre vivere il momento presente, vivere nel presente che si fa presente, nonostante il divenire della vita non si possa fermare. Il passato è passato, esiste solo il tempo zero. La vita non diventa morte, la vita è la realtà del momento. Allo stesso modo la morte è la realtà del momento quando arriva. Il modo giusto di prepararci alla morte è quindi vivere completamente la propria vita, perché moriremo come siamo stati capaci di vivere. Importante è non lasciare sospesi, cercare di sanare tutte le situazioni, per non avere delle “parole che non ti ho detto”. Lavorare anche sul distacco, atteggiamento interiore per non identificarsi troppo con il nostro corpo. Distaccati dalla vita nella vita. Vita da accettare nella sua totalità. Insieme alla meditazione che ci permette di vedere senza maschere chi siamo veramente, imparando a conoscere le nostre emozioni. Lavorare sull’amore, un amore incondizionato che non è mai possesso ma libertà. E anche nel momento della morte, fondamentale è aprire il cuore. L’accompagnamento ai morenti è fatto di ascolto e di gesti. Di sospensione di qualsiasi giudizio per andare oltre la verità e la menzogna. Esiste solo l’uomo. Nella prospettiva cristiana, come spiega Ilenya Goss, la questione della vita e della morte è centrale. Nella prima lettera ai Corinzi Paolo dice che se non crediamo alla resurrezione, vana è la nostra fede. Il punto fondamentale è che la morte non è il punto fermo assoluto. Anche a Corinto i primi cristiani parlavano della morte e Paolo dice cosa occorre fare. Il cristianesimo parla di qualcuno che è tornato indietro e della morte che quindi non è una barriera di distruzione assoluta. Ma occorre fare una puntualizzazione. Gesù resuscita alcune persone. Che poi morirono ancora. Invece per Gesù succede qualcosa di diverso. Gesù è andato oltre la resurrezione. Non è tornato indietro (nella scena giovannea con Maria di Magdala, le dice di non toccarlo), Gesù ha superato la morte verso qualcosa di differente. Il cristianesimo annuncia questo. Ed è in questa trasformazione che si costituisce il cristianesimo e si separa, anche in maniera drammatica, dall’ebraismo. Poi molta tradizione cristiana ha usato la resurrezione come consolazione, dichiarando che la morte è solo un passaggio. Ma non è così semplice. Questo non è il vero insegnamento cristiano. Il messaggio è la resurrezione della carne. La morte è davvero la fine di tutto, ma il fatto inaudito del cristianesimo, assolutamente illogico, è che Gesù qualcuno lo ha rialzato. La morte quindi è una resa d’amore. Combatto insieme al maestro di Nazareth contro le forze che umiliano l’essere umano, contro il male. Giunti alla fine consegnamo le armi a Dio. In una resa estrema nelle braccia di qualcuno che ci ama. Ci abbandoniamo al Padre. Possiamo pensare alla morte nella sua radicalità, ma ho fiducia in chi credo. Il nostro cuore è da donare a tutti e a Dio. Ecco perché sto accanto al prossimo nel fine vita. Che quindi può anche significare “scopo” della vita. Con consapevolezza e responsabilità. Nella relazione della commissione bioetica valdese sul fine vita è scritto che se una persona chiede di essere accompagnata ad una morte dolce, a fronte di sofferenze insopportabili, questo non rompe tutto il suo percorso di vita cristiana, di amore cristiano. Il fine vita deve essere lasciato al soggetto che lo sta vivendo e che è in grado di poter compiere delle scelte. Anche questi momenti devono essere vissuti pienamente e la scelta del fine vita fa parte del nostro essere soggetti etici. Rimanendo l’amore più forte della morte, l’amore verso gli uomini e verso Dio. Verso le persone che soffrono e che chiedono di poter abbandonarsi nelle braccia del Padre.

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