L'atrio atro del teatro
5 9 2019
L'atrio atro del teatro

Laboratorio performativo organico e biologico

Festivaletteratura rinnova la sua costante attenzione verso la parola poetica attraverso un programma che vedrà presenze internazionali, cui si aggiungerà una serie di incontri con alcuni degli autori più significativi nel panorama della poesia italiana contemporanea, con esondazioni della poesia in territori artistici confinanti, quasi a testarne la vera forza espressiva.


Fin dai primi minuti di lavoro, l’attore e regista teatrale Mimmo Borrelli consegna fisicamente e mentalmente se stesso alla collettività del laboratorio. Una decina di partecipanti dalle diverse età si riunisce in cerchio nella stanza al piano terra dello Spazio Studio Sant’Orsola per farsi travolgere dalla dinamicità del drammaturgo, senza che questa arrivi a soverchiare le personalità individuali di ogni membro. Borrelli si scusa in anticipo per parolacce che potrebbero scappargli, puntualizzando che ricorrere a questi espedienti ha la sola funzione di mantenere i performer sempre sull’attenti.

L’autore ammette che in passato era incappato nell’ostacolo più pericoloso per chi svolge mestieri teatrali: l’egocentrismo. Ma i vari anni di esperienza gli hanno insegnato a superare questa modalità recitativa fuorviante spostando l’attenzione principale dal sé al sacrificio del sé. Il teatro è una misteriosa arte oscillante fra il sacro ed il pagano che tocca entrambi gli estremi, senza arrivare ad identificarsi pienamente con nessuno di essi.

Borrelli inizia il laboratorio con un esercizio di riscaldamento fatto di fremiti ed impastamenti immaginari. Ognuno dei partecipanti si lascia andare ad un rapido auto-rimescolamento corporeo che sfocia presto in una convulsa danza di palpiti e palpate. Le mani si muovono sfrenatamente battendo, sfregando e colpendo ogni millimetro da capo a piedi. Dal corpo si passa alla voce, allenata con urla, canti, sussurri e svariate modulazioni melodiche. Alla pratica, l’artista napoletano alterna brevi momenti di storia drammaturgica. Negli anni cinquanta del ventesimo secolo la priorità dell’attore era far giungere la propria voce all’intero spazio teatrale. Da questo ne derivò una certa equivalenza nella tipologia di parlata, in quanto veniva privilegiata l’accessibilità del messaggio al pubblico e non il messaggio stesso. La voce era dunque un’entità separata dal corpo. Ma nel corso dei decenni questa tendenza è andata mutandosi e la prima si è inserita nell’ampio spettro gestuale offerto dal secondo, guadagnando spessore performativo.

Il conduttore del laboratorio chiede dunque ad ognuno dei presenti di recitare un monologo. Mentre i performer intervengono singolarmente, Borrelli li provoca verbalmente e fisicamente, premendo dita e mani su collo e testa di chi parla, coprendogli gli occhi, saltellando freneticamente, facendo domande personali sul vissuto di ognuno. Nulla è gratuito. Il suo scopo è azzerare la finzione che spesso aleggia intorno ai testi “recitati” per trasformarli in testi “espressi”, quindi squisitamente più intimi. In questo modo, non solo l’attore offre al pubblico una prestazione più spontanea, ma ha l’opportunità di scavare all’interno del suo campo mentale per cercare di mettere ordine fra i vari elementi che lo costituiscono. Il teatro potrebbe dunque ambire a considerarsi come un'impossibile sintesi fra corpo e mente, dove ciascuno dei due elementi non può che condurre all’altro, delicatamente o violentemente.


Per chi vuole approfondire il percorso, Festivaletteratura propone:

Evento 9 “Una lingua che esiste da sempre” - Evento 21 “Il teatro è un gran patto collettivo” - Evento 26 “La poesia organica” - Evento 44 “Lo zolfo della parola - I riti teatrali di Mimmo Borrelli” - Evento 50 “Sono quello che sono, sono sempre la stessa” - Evento 88 “Una scena che ho visto tanti anni fa” - Evento 101 “Gli occhi, fondali neri” - Evento 135 “Le voci della disobbedienza” - Evento 163 “Il silenzio e la luna” - Evento 188 “La poesia insegna il necessario” - Evento 217 “Ultima poesia”.

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