L'evoluzione della pizza
10 9 2023
L'evoluzione della pizza

Da piatto povero a gourmet, passando per gli USA

Sappiamo tutti che la pizza nasce a Napoli. Quello che concepiamo a fatica, è l’influenza che i palati americani hanno avuto nel farle conquistare il successo che ha raggiunto in Italia. Luca Cesari, storico della gastronomia, racconta insieme a Chiara Maria Amato le vicende di uno dei piatti più italiani.

La pizza nasce a Napoli alla fine del Seicento, per poi sbarcare insieme ai migranti italiani sulle coste degli Stati Uniti alla fine dell’Ottocento. In cinquant’anni, la pizza conquista il palato degli americani, che arrivano a farne uno dei loro cibi forti. È del 1953 un articolo di giornale che dice: «In America, ci sono più pizzerie che in Italia». E non è difficile da credere: in Italia, fino alla seconda metà del 1900, la pizza era un piatto solo napoletano, che non piaceva affatto oltre i confini regionali. A Napoli si contano 55 pizzerie a inizio Ottocento, mentre nel resto dell’Italia il numero rimane a zero.

I locali che cucinano pizza in America hanno un’influenza enorme sulla ricetta. Intanto, veniva cucinata con ingredienti importati dall’Italia: formaggio, pomodoro, olio. Vi dicono qualcosa?

La ricetta della pizza margherita, acquista popolarità proprio in America. Prima, era una pizza venduta insieme a tante altre per le strade di Napoli. E se all’estero, ancora oggi, sopra la pizza trovate il formaggio e non la mozzarella, non vi lamentate: capirete che importare la mozzarella era impossibile allora, senza modalità per tenerla al fresco, e che i palati si tramandano i gusti di generazione in generazione. A Napoli l’impasto della pizza era alto, in America invece si abbassa e acquista l’altezza con cui oggi mangiamo la maggior parte delle pizze.

Napoli è la città perfetta per la nascita dei maccheroni e della pizza, perché disponeva di grandi quantità di grano e verdure, scarseggiando invece sulla carne. Con il basso costo delle materie prime, la pizza aspirava a sfamare la popolazione più povera di Napoli.

C’era la pizza pomodoro e vongole, pizza con il lardo o con la sugna, pizza con i pesciolini poveri del Golfo di Napoli. Veniva venduta per strada oppure nelle pizzerie, locali molto differenti da quelli di oggi. Intanto, non si trattava di una stanza unica con tanti tavoli separati, ma di un locale composto da piccole camere, da cui la vista degli altri commensali era preclusa. Per la privacy, un’evoluzione da cui oggi potremmo prender spunto.

Anche la funzione della pizzeria era differente da quella di oggi: non vi si recavano le persone benestanti che volevano godersi una serata fuori, ma i poveri che non disponevano di una cucina in casa. La pizza la si poteva trovare anche per strada, sopra ai banchi dei pizzaioli, che la compravano alle pizzerie e la tagliavano in spicchi per venderne a tutta la città. Le condizioni in cui veniva cucinata non dovevano essere delle migliori, tanto che Carlo Collodi, alla fine dell’Ottocento, scrive in un articolo che la pizza «ha un aspetto di sudiciume complicato».

Oggi, nei ristoranti, troviamo pizze Gourmet al costo di venti euro o più. Un pensiero che ci viene in mente è che quella non sia pizza. La pizza per come la conosciamo noi è la margherita, la marinata, la capricciosa, la quattro stagioni e poche altre. Ma guardando al processo storico che ha fatto, le pizze Gourmet sono l’evoluzione di un impasto a base di acqua, sale e farina, capace in maniera straordinaria di adattarsi al portafoglio e al palato di ogni luogo e tempo.

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