La normalità è triggerante
9 9 2023
La normalità è triggerante

Randa Grazi e Manuela Manera nel secondo degli words match con i giovani lettori

Fa caldo a Mantova, fa caldissimo alle 14.30 a Mantova, gli adulti sventolano energicamente i loro volantini, ma le prime file della platea di Palazzo della Ragione sono lo stesso vivissime. E questo è inevitabile perché nelle prime file oggi, per il secondo appuntamento degli words match di Festivaletteratura, ci sono ancora loro: i giovanissimi.

Sono un esercito di giovani e vivaci lettori, alcuni entrano in gruppi segnalati da maglie blu o gialle, sono i ragazzi dei gruppi lettura. Ma non sono gli unici, ci sono tanti ragazzi che sono venuti con i loro amici e si sono fermati a dare una sbirciata al banco dei libri.

C’è un effervescente brusio a riempire l’attesa dell’evento, come durante migliori ricreazioni scolastiche.

Oggi si parla di GENERI, tassativamente al plurale, ma non solo di identità di genere, discriminazioni, diversità, appartenenza, punti di vista, pregiudizi, diritti e di come la lingua crea la realtà e gli immaginaria: questo il sottotitolo dell’evento; un sacco di roba!

A guidare questo match ci sono sempre Simonetta Bitasi e Alice Torreggiani, che questa volta dialogheranno con Randa Ghazy, giornalista e scrittrice nata a Saronno da genitori egiziani, oggi londinese di adozione, e Manuela Manera, docente presso la scuola secondaria di primo grado e linguista esperta dell’intreccio tra lingua e stereotipi. Sono loro le adulte a cui oggi spetta l’arduo compito di rispondere agli interrogativi dei più giovani.

Anche oggi Bitasi decide di cominciare l’evento facendo parlare le parole, quelle delle due ospiti. Legge un estratto dal saggio di Emanuela Manera, La lingua che cambia (2021) e da La mia parola è libera (2023), ultimo lavoro di Randa Ghazy. Dalla lettura, due punti sono chiari da subito: quando si parla di generi non si può evitare di parlare di lingua e di parole e quando c’è di mezzo la discriminazione di genere non si può evitare di parlare.

(caricamento...)

Allora intervengono le autrici, a chiarire quanto letto. Manera lo fa spiegando la differenza tra tre concetti troppo spesso confusi: generi, identità di genere, genere sociale. Evidenzia, in particolar modo, quanto tutte e tre queste definizioni siano cariche di implicazioni culturali e quanto sia necessario che dalla lingua nessuno si senta escluso. Anche quello di Ghazy è un libro di parole e un libro che insegna ad usare le parole, a non banalizzarle. La scrittrice racconta le esperienze di donne arabe che hanno cercato di ribellarsi alla cultura profonda del loro circostante. Sono donne che hanno usato il loro corpo per le loro battaglie. Randa ha cercato di descrivere la complessità di queste figure, troppo spesso appiattite come donne da salvare, indifesi soggetti passivi. Invece è necessario che i generi abbiano la loro voce, in ogni loro gradazione; è imprescindibile restituire queste voci con le parole giuste.

A questo punto Alice Torreggiani proietta sullo schermo un elenco di libri, saggi, fumetti ma anche serie tv, podcast, canzoni. Sono il risultato dei suggerimenti dei lettori, che però non ha la pretesa di essere esaustivo, anzi: è solo uno spunto. «Questo è un evento anarchico», precisa Torregiani, quindi invita chiunque voglia a prendere la parola e commentare i titoli proposti e magari aggiungerne altri. E le mani si alzano subito oggi, e sono tante. L’incontro si trasforma allora in una sorta di gruppo lettura tra partecipanti che si conoscono da sempre. Più e meno giovani si scambiano consigli e opinioni su romanzi, serie, tv, film. E ognuno ha il suo spazio e la sua voce appassionata quando racconta delle proprie letture, dei personaggi che ha conosciuto tra le pagine e gli schermi, personaggi che come fil rouge hanno il fatto di aver scelto di essere felici anziché normali. Anche perché, interviene Manera, «la normalità è triggerante. Cos’è normale? Normalità dovrebbe essere la felicità, l’autoderminazione delle persone

Approfittando del dibattito così acceso e partecipato, Randa Ghazy chiama esplicitamente in causa i ragazzi. Vuole sapere da loro se si sentono altrettanto liberi a parlare a scuola di questi temi, se si sentono a loro agio di parlare a scuola di generi, di sessualità, di autoderminazione. Rompe il ghiaccio Livia, che preferisce affrontare certe tematiche a scuola anziché a casa, perché a scuola ci sono ragazzi come lei che possono capirla meglio. Ma la sua si rivela presto un’opionione minoritaria. Mia vorrebbe che la scuola facesse un passo in più, soprattutto vorrebbe che lo facessero i professori, da cui si sente troppo spesso guardata come un oggetto da valutare e poco più. Alessandro avrebbe voluto poter fare domande di educazione sessuale nella sua scuola cattolica, ha dovuto imparare da solo troppe cose. In molti rivendicano il diritto a un’educazione alla sessualità, ancora un taboo nelle istituzioni scolastiche italiane. Anzi, non ancora, ma ora, un taboo, perché i più grandi tra il pubblico ricordano che negli anni ’80 e ’90 l’educazione sessuale veniva insegnata già dalle elementari. E parte un grande brusio per questa inspiegabile regressione. Elena ha l’impressione che le scuole non siano più uno spazio costruito per i giovani, quanto piuttosto per confortare i genitori, e Chiara, educatrice e insegnante, le dice che probabilmente è così, che c’è bisogno che loro però non smettano di aprirsi come stanno facendo oggi, non smettano di far riflettere i grandi perché loro sono la generazione di domani. Non proprio, precisa Simonetta Bitasi, loro sono la generazione di adesso.

(caricamento...)

E la generazione di adesso ha bisogno di parlare adesso, e questo spazio di parole allestito a Palazzo della Ragione per loro, si conferma anche oggi prezioso. Manuela Manera si augura che ci sia un futuro per questi confronti, e Razda, salutando i ragazzi, riprende il titolo del suo libro e gli ricorda che la loro parola è libera, è forte, non devono farsi intimidire perché la loro parola conta davvero.

I ragazzi, con il disordine puntuale che li contraddistingue, si alzano, ancora concitati, e su qualcuna di quelle magliette blu si riesce a leggere una citazione della giornalista tedesca Jellan Lepman «facciamo in modo di mettere questo mondo sottosopra nuovamente nel verso giusto, cominciando dai ragazzi». E oggi a Palazzo della Ragione, anche se per un'ora e mezza, sembra proprio di averlo guardato dal verso giusto, il mondo.

Festivaletteratura