La pace è fragile
8 9 2022
La pace è fragile

Beati gli operatori di pace

La pace è fragile e occorrono artigiani della pace per averne cura.

Come un vasaio che mette le mani sulla materia, come il vasaio di Geremia. Riprendendo i gesti che Papa Francesco fece a Gesuralemme e ad Auschwitz. Le mani e la testa appoggiate sulle cose, sul mondo. È così che deve agire il cristiano secondo Antonio Spadaro, gesuita e direttore della Civiltà Cattolica.

Non guardare i conflitti dal balcone, ma agire nel concreto. Perché il conflitto è purtroppo nella natura umana e il Papa non è un ideologo astratto della pace.

Occorre capire l’origine del conflitto, andare in profondità e risolvere i problemi che ne stanno alla base. In questo consiste la profezia di Fratelli Tutti, un’enciclica dove si parla di un modo alternativo per interpretare i rapporti tra le persone e gli Stati, promuovendo il multilateralismo di organizzazioni internazionali. Così come nella Populorum Progressio di Paolo VI.

Sulla stessa linea è l’intervento di Marco Impagliazzo, direttore della Comunità di Sant’Egidio. Comunità artefice della pace in Mozambico dopo due anni e mezzo di colloqui. Perché ci vuole immaginazione profetica nel vedere al di là del presente e lavorare per una pace sempre possibile. Per immaginare un mondo come lo vorrebbe il Signore o i profeti.

La pace è fragile perché la guerra è diventata un mestiere, una professione. Si è parcellizzata e ha permesso ai professionisti del male di diffondersi nel mondo. Ecco che deve intervenire la dimensione spirituale della diplomazia di Francesco, al centro di una azione concreta diplomatica. Trasformandosi ovviamente in un progetto politico globale, perché la sua figura ha impatto globale. Ma fermamente spirituale.

C’è bisogno di valore spirituale in quanto le forze politiche non riescono a cambiare le cose. Deve intervenire la misericordia, la presenza di Dio nella storia.

Il fiume in piena della guerra, che tutto travolge, deve essere regolato e reindirizzato perché non faccia più danni. Serve un sarto che ricuce i rapporti.

Il Papa non è un cappellano di parte, ma un costruttore di ponti. Sempre con la mano tesa perché i popoli ritrovino l’armonia. La guerra in Ucraina è una guerra di aggressione, non ci sono dubbi su questo. Ma devi essere disposto a ricucire, a parlare anche con il demonio per salvare vite.

Nulla deve essere perso nel rapporto tra Stati. Anche nelle beatitudini si parla degli operatori di pace e ognuno di noi è chiamato a questo. Occorre immedesimarsi in chi soffre, perché non sono lontani, sono anzi molto vicini a noi. Entro nella vita delle persone che soffrono, prego per loro. Perché si prega poco per la pace.

Ad Assisi Giovanni Paolo II riunì tutti i capi religiosi proprio per pregare, per diffondere lo spirito di Assisi. La spiritualità della pace.

Il Papa viene spesso strattonato da una parte o dall’altra. Esiste invece solo il dialogo, per evitare spaccature profonde, per impedire che i semi della discordia prima o poi fioriscano e diano inizio ad altre guerre. Ancora Paolo VI parlava delle origini delle migrazioni, puntando l’attenzione al clima e ai conflitti sociali. Se non si risolvono questi ultimi non si potrà mai arrivare ad un mondo di pace.

Non esiste solo il bianco e il nero, non occorre demonizzare l’aggressore, deve esserci un approccio che diventa addirittura controculturale perché va incontro al malvagio. Ed insieme a questo i corridoi umanitari, l’accoglienza verso i profughi, la protezione umanitaria temporanea, strumenti legali per gestire le emergenze e togliere le persone da facili e distruttive strumentalizzazioni di ogni tipo.

Avere uno strumento legale è importantissimo per gestire queste emergenze. Perché l’immigrazione è anch’essa lacerante nel discorso politico. E dove non esistono regole esiste solo la polemica politica. Sono esseri umani e hanno bisogno di aiuto. “Il Papa è venuto e noi siamo salvi” dissero in Repubblica Centrafricana quando andò per risolvere il conflitto.

Il Papa è il padre comune. Occorre ricominciare a parlare di pace, perché ormai non se ne parla più. La guerra infatti è il terreno della semplificazione e fa pensare solo a se stessa. Dobbiamo liberarci da questa cappa che ci opprime. Con l’immaginazione e l’azione concreta. Perché la pace si costruisce giorno per giorno mostrando il bene con le opere, perché “il mondo creda”.

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