La persistenza della memoria
6 9 2019
La persistenza della memoria

Le vicende di un sopravvissuto da Auschwitz raccontate dal figlio Daniel Vogelmann

Imprescindibile resta al Festival una riflessione sulla lettura e sui lettori. Tanti i temi toccati: dai cambiamenti dello statuto della lettura alle conseguenze sulle nostre pratiche di apprendimento portate dalla rivoluzione digitale in corso; dalla nascita in età moderna della mitologia del lettore a una riflessione sugli usi e gli abusi delle parole.


Perché Daniel Vogelmann ha scelto di pubblicare una biografia del padre, ebreo sopravvissuto ad Auschwitz anche grazie all’intervento filantropico dell’imprenditore Oskar Schindler? Se lo chiedono l’esperto di ebraismo Giulio Busi e la sociologa Silvana Greco, che incontrano l’autore presso la Chiesa di Santa Maria della Vittoria. E se lo chiede Vogelmann stesso, fondatore della casa editrice La Giuntina, da sempre impegnata a favorire la promozione della cultura letteraria ebraica. Forse i tanti titoli comparsi nella collana e le sue traduzioni di questi testi lo hanno fatto sentire in debito verso la figura del padre Shulim, morto nel 1974 a settantuno anni o (come dichiarò lui stesso poco prima della scomparsa) a duemila e settantuno anni, dei quali settantuno corrispondono alla sua vita, e duemila all’esilio ebraico. O forse per quel concetto letterario conosciuto come “post-memoria”, ovvero l’influenza traumatica esercitata da uno sconvolgente evento storico sulla memoria, l’esperienze e l’atteggiamento delle generazioni nate successivamente. Come se la Shoah fosse stata talmente forte da impiantarsi nei ricordi di Daniel senza che lui l’avesse vissuta personalmente.

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Il titolo dell’opera, Piccola autobiografia di mio padre, rivela ironicamente come la storia raccontata sia frutto dell’azione congiunta di padre e figlio, sebbene il primo non abbia partecipato direttamente alla stesura. Il libro è di Shulim, perché di lui si parla. Ma il libro è anche di Daniel, perché è lui a farlo parlare, dopo decenni in cui a stimolarne il ricordo erano stati altri autori. Lo scrittore presenta il suo lavoro con estrema umiltà: si tratta di una “piccola” autobiografia riempita da brevi aneddoti. Soltanto un capitolo nella intricata vita del padre.

Shulim Vogelmann decise di trasferirsi in Palestina a quindici anni. Qui trovò lavoro come membro dell’esercito inglese, ma tornò presto in Europa per stabilirsi a Firenze nel 1921. I tumultuosi anni seguiti alle leggi razziali fasciste del 1938 culminarono nella dolorosa deportazione ad Auschwitz, dove Shulim perse la famiglia. La sua conoscenza del polacco fu determinante per la salvezza (si racconta che vendette una grammatica polacca per avere in cambio una razione di pane). Ma soprattutto, furono fortuite le condizioni che fecero capitare il padre di Daniel su un treno diretto verso casa al termine della guerra. Non a caso l’autore insiste sul ruolo giocato dalla fortuna nella vicenda. La stessa fortuna che ha contribuito alla sua nascita e, conseguentemente, alla possibilità che questa vicenda venga tramandata anche oggi.

Shulim stesso voleva diffondere questa storia, perché era la storia del Novecento. E perché al suo ritorno in patria lo squallore dei racconti era tale da spingere molti sopravvissuti a non essere in grado di farsi credere da coloro che erano rimasti. O a suicidarsi. Molti negarono di essere ebrei, arrivando addirittura ad affermare che il numero scritto sulle vesti logore dei campi di sterminio era il loro numero di telefono. Il padre di Daniel spesso non gli raccontava nulla dell’olocausto per non turbarlo. Ma quest’ultimo visse in prima persona la depressione del genitore, incapace di accettare la morte dopo essere sopravvissuto alle mostruosità naziste. Tale eredità si converte oggi in questo piccolo libro, povero di pretese ma ricco di poesia.


Per chi vuole approfondire il percorso, Festivaletteratura propone:

Evento 53 “Non so saziarmi di libri” - Evento 90 “Anthology!2019 - Amore” - Evento 107 “Numero 173484” - Evento 126 “Bibliodix” - Evento 181 “Come diventiamo lettori” - Evento 200 “Le parole per dirlo” .

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