La poesia al Festival
21 8 2019
La poesia al Festival

Una panoramica sugli incontri, spettacoli e film dedicati alla poesia

Stabilire coordinate, tracciare strade, individuare percorsi: sono obiettivi tanto stimolanti quanto complessi da realizzare nell’ambito della poesia contemporanea. Se alla frammentazione delle grandi correnti letterarie si somma la tendenza a una sempre maggiore contaminazione tra la poesia e le arti visive, nonché l’avvento di ‘casi letterari’ che scatenano il clamore mediatico, si potrà comprendere quanto sia difficile per un festival proporre autori, libri e punti di vista che possano dare origine a un dibattito esauriente. Eppure, alle porte della ventitreesima edizione, Festivaletteratura ha deciso di raccogliere di nuovo questa sfida e di presentare una serie di incontri che spazino dalla poesia italiana a quella straniera, dalla tradizione alla sperimentazione.

Tra i grandi nomi della poesia internazionale ci sarà il premio Nobel Wole Soyinka (ev.135), pseudonimo di Akinwande Oluwole Soyinka, intellettuale eclettico e voce critica della letteratura africana, da sempre in lotta per l’affermazione dei diritti civili. All’età di 85 anni, Soyinka ritorna a esplorare le potenzialità espressive della poesia con Ode laica per Chibok e Leah (Jaca Book, 2019), un’opera dedicata alla città della Nigeria in cui nel 2014 l’organizzazione terroristica Boko Haram rapì oltre 200 studentesse. La storia di un continente, quello africano, diviso tra la violenza del fondamentalismo e la tensione verso la libertà, s’incarna nella voce di Leah, una delle ragazze rapite e ancora prigioniera degli jihadisti perché rifiuta di convertirsi all’Islam. Soyinka eleva questo ‘no’ a simbolo di resistenza e lo fa attraverso il linguaggio dell’ode che non rappresenta solo un genere letterario ma «una pratica, tipica della mia tradizione, dove la poesia di elogio serve a sfidare la società, per invitarla a riflettere». Più intima ma altrettanto potente, è la riflessione alla quale conduce la poesia dell’americano Philip Schultz (ev.101), tradotto in italiano dall’editore Donzelli, poeta e narratore tra i più rilevanti nel panorama mondiale. Nel 2008, ha vinto il Pulitzer con la silloge Failure dalla quale Donzelli ha tratto il poemetto Erranti senza ali (2016), seguito da The God of Loneliness: Selected and New Poems, in Italia col titolo Il dio della solitudine (2018) a cura di Paola Splendore. Quello su cui Schultz si focalizza è un microcosmo familiare dal quale scaturiscono riflessioni universali sulla morte, sul ricordo, sul tempo che scorre: le figure genitoriali sono sempre al centro, assenti e presenti nello stesso momento, ma questo tratto non priva i versi del poeta americano di una durezza che porta alla luce tutte le facce dell’esistenza. Nel dialogo con Paola Splendore, si discuterà anche degli ostacoli che comporta la traduzione poetica e di come sia possibile preservare il peso specifico delle parole nel passaggio da una lingua a un’altra.

Come nelle precedenti edizioni, saranno ospiti di Festivaletteratura alcune delle più importanti voci della poesia contemporanea italiana: Chandra Livia Candiani, Anna Maria Farabbi, Umberto Fiori, Antonio Prete e Patrizia Valduga.

Per Chandra Livia Candiani (ev.163) la poesia è meditazione e leggerezza, come ricorda nel saggio Il silenzio è cosa viva, e forse non è un caso che nel suo ultimo libro di poesie, Vista dalla luna (Salani, 2019) le protagoniste siano l’infanzia e una bambina chiamata Io. Due storie visionarie, delicate, che dimostrano come sia possibile salvarsi attraverso i sogni, credendo nella poesia che è, forse, il sogno più grande di tutti. Visionaria, anche se in modo più viscerale e con una certa propensione all’oralità, è anche la poesia di Anna Maria Farabbi (ev.26) che si rivolge a “un qualunque tu”, in particolare a un tu femminile relegato ai margini della società, nei manicomi, negli ospizi, nei reparti psichiatrici. Nelle raccolte dentro la O e La casa degli scemi, la poetessa mette in versi il lungo periodo trascorso presso la comunità di Torre Certalda, in provincia di Perugia, con pazienti affetti da disturbi psichici o tossicodipendenti, un percorso letterario che trova il suo compimento nella curatela del Frammentario di Carmela Pedone, poetessa e paziente della struttura, della quale Anna Maria Farabbi parlerà durante l’incontro (in sede saranno esposti anche i lavori creativi realizzati dagli ospiti della struttura di Torre Certalda). Sarà, invece, la prima volta al Festival per Patrizia Valduga (ev.50) che dopo sette anni di silenzio, se si esclude la recente uscita della summa Poesie erotiche, ritorna sulla scena poetica con un’opera dall’ironia tagliente, Belluno. Andantino e grande fuga (Einaudi, 2019). Belluno, luogo di ricordi e di fantasmi, viene raccontata con il ritmo sincopato delle quartine di settenari e di endecasillabi, la sua piazza e le sue montagne dai nomi dialettali si mescolano a cataloghi di fidanzati, a formidabili attacchi satirici, e all’assenza (più che mai presenza) di Giovanni Raboni. Una Valduga inedita ma familiare, quindi, che non smette mai di essere se stessa. Tra i libri di poesia che hanno rotto la monotonia letteraria del 2018, tuttavia, oltre a Belluno è obbligatorio citare Il Conoscente di Umberto Fiori (ev.88), un poema allegorico, che è anche romanzo in versi, che è anche racconto iniziatico, dove il Fiori-personaggio s’imbatte in un tuttologo mellifluo, il Conoscente appunto, che lo trascina in un viaggio attraverso la storia italiana, fatta di stragi e utopie, promettendogli la verità su se stesso e sul mondo. Un libro che, come per la Valduga, è anche la resa dei conti di un percorso di formazione, che si ritrova nelle citazioni ironicamente storpiate dei giganti della letteratura, da Platone a Heidegger, da Omero a Leopardi a Baudelaire. Ma Umberto Fiori non è l’unico a confrontarsi coi suoi maestri: Antonio Prete – insegnante, critico letterario, narratore, poeta e traduttore – in occasione dell’uscita della raccolta Tutto è sempre ora, testimonianza di un impegno intellettuale che dura da anni, si confronta con gli autori che hanno segnato la sua opera dimostrandogli che «la poesia insegna il necessario». Da Baudelaire a Jabès, da Bonnefoy a Luzi passando per Giacomo Leopardi, un dialogo virtuale coi grandi del passato arricchito dai materiali d’archivio del Festivaletteratura.

Dal passato arrivano anche le Voci dal Novecento (ev.123), a cura di Elia Malagò e dello stesso Antonio Prete, un progetto che nasce con l'intento di recuperare i nomi e le voci di poeti del Novecento che sono stati – ingiustamente – dimenticati: la volontà è quella di far riemergere parole non ricordate da molti ma ancora sedimentate e vive nella memoria di altri. Durante l’evento, che è sia un omaggio sia un'occasione d'incontro, si chiederà ad alcuni autori di prestare la propria voce a otto poeti dimenticati (Gesualdo Bufalino, Alberto Cappi, Luigi Di Ruscio, Daria Menicanti, Remo Pagnanelli, Fabrizia Ramondino, Beppe Salvia, Giovanna Sicari).

Ma la riflessione sulla parola risulterebbe sterile se non fosse accompagnata dalla riflessione sulla lingua. Durante l’evento Una lingua che esiste da sempre (ev.09) il filosofo Giorgio Agamben, attualmente direttore della collana Ardilut, parlerà di come la stasi dell’attuale parola poetica possa essere interrotta grazie a una tensione verso il dialetto. Come si legge nella descrizione della collana, «il disegno dell’ardilut (valeriana selvatica), scelto dal giovane Pier Paolo Pasolini per le sue pubblicazioni in friulano, viene qui ripreso come simbolo della collana, che intende, a più di quarant’anni dalla morte del poeta, proseguire e verificare nella nuova realtà linguistica del xxi secolo la sua riflessione sul rapporto fra lingua e dialetto». Il dibattito sarà accompagnato dalle letture di Mirko Artuso, che darà voce alla poesia di Francesco Giusti, Quando le ombre si staccano dal muro, poesia che incarna “la baraonda” della lingua del poeta.

In questa edizione di Festivaletteratura, la sperimentazione in poesia verrà messa in scena, letteralmente, da quattro poeti milanesi – Tommaso Di Dio, Giuseppe Nibali, Damiano Scaramella, Fabrizio Sinisi – attraverso il progetto Ultima poesia (ev.217). Ultima è una reading-performance che unisce letteratura e musica, critica e arte visiva, nata con lo scopo di riflettere sulla poesia a trecentosessanta gradi: in un primo momento, i quattro poeti metteranno a confronto le reciproche risposte alla domanda “che cos’è la poesia?” e seguirà, poi, la proiezione di un cortometraggio con tutti i riferimenti visivi ed estetici che hanno ispirato i versi degli autori (direzione artistica: Ilaria Mai), per concludere con la lettura dei testi provenienti dalla plaquette auto-prodotta Ultima Vox. Un’esperienza immersiva, un’occasione senza limiti artistici, che sarà amplificata dalle opere dei pittori Michael Rotondi e Giulio Zanet esposte nella sede dell’evento, e dalle surreali musiche di Tony Light.

Non mancheranno, inoltre, gli appuntamenti che combinano poesia e teatro: Muro io ti mangio, in musica! (ev.65), percorso botanico da palcoscenico a cura di Carlo Bava e Cristina Pasquali, dove la poesia di Emily Dickinson e Alberto Nessi incontra il mondo vegetale e la musica; Se questo è Levi, performance-reading itinerante sull’opera di Primo Levi che si articolerà in tre atti (Se questo è un uomo, Il sistema periodico, I sommersi e i salvati) ambientati in tre luoghi differenti (Palazzo Panzera, Liceo “Virgilio”, sala del Consiglio Comunale di Mantova), con protagonista Andrea Argentieri.

Anche il programma ragazzi sarà ricco di spunti poetici: Roberto Piumini, scrittore amato da bambini e adulti, leggerà al pubblico le divertenti rime con cui ha riscritto il Don Chisciotte di Miguel de Cervantes (ev.28), mentre presso il teatro Sant’Orsola verrà messo in scena dalla compagnia Regula Teatro Alzati, Martin (ev.113) una ballata teatrale per Martin Luther King tratta dal poemetto omonimo di Piumini. Giusy Quarenghi (ev.64), autrice della raccolta di poesie E sulle case il cielo, sarà al Festival nelle vesti di narratrice notturna, per leggere le storie più belle ai bambini che non vogliono andare a dormire. La poetessa Silvia Vecchini (ev.98), insieme a Laura Bonalumi e all’illustratore Sualzo, con i suoi versi tratti da Acerbo sarai tu cercherà di rompere i confini tra piccolo, troppo piccolo e grande, dimostrando che, al contrario di quello che pensano gli adulti, bambini e ragazzi sono in grado di vivere grandi emozioni.

Tra i numerosissimi eventi che si alterneranno a Festivaletteratura ci saranno anche alcuni poeti in veste di narratori, come Patrice Nganang (ev.37), poeta di cui nulla è tradotto in Italia ma che nei suoi romanzi sfoggia una prosa ad alto potenziale poetico, o Manuel Vilas (ev.176), scrittore e poeta spagnolo, che parlerà di come rimettere insieme i pezzi della propria vita attraverso il potere della letteratura. E poi Tiziano Fratus (Abbraccia tuo padre che è una foresta, accento), poeta che mette al centro dei suoi versi la natura in tutte le sue forme e le domande che essa pone agli uomini.

Infine, a chi all’amore per la poesia aggiunge quello per il cinema consigliamo di non perdere i due appuntamenti di Pagine nascoste - la rassegna di documentari su libri, scrittori e scritture: The invented biography, spiazzante biopic letterario sulla vita del poeta Arturo Belano, alter ego dello scrittore e poeta cileno Roberto Bolaño, e Zurita. You will see not to see, un film sul grande poeta cileno Raúl Zurita che si aggrappava all’arte per guarire le proprie ferite, fin dai tempi della dittatura di Pinochet.

Silvia Righi

Festivaletteratura