Misantropia tra fumetto e romanzo
6 9 2023
Misantropia tra fumetto e romanzo

Dall'incontro inaspettato del fumettista Sualzo e il romanziere Piersandro Pallavicini nasce un dialogo sulla misantropia.

C'è qualcosa di ironico in gruppo di persone che si riunisce per parlare dell'avversione che tutti, prima o poi, proviamo nei confronti degli altri esseri umani. A partire da questa apparente contraddizione si sviluppa il confronto fra due misantropi: il protagonista della graphic novel di Sualzo Dove c'è più luce (Tunué)

(caricamento...)

e quello il romanzo di Piersandro Pallavicini Il figlio del direttore (Mondadori)

(caricamento...)

Partendo dalle loro caratteristiche comuni i personaggi offrono prospettive diverse per scardinare la loro misantropia.

Il forte desiderio di stare da soli, che a volte sfocia in una vera e propria avversione nei confronti degli altri esseri umani, è qualcosa di insito nella natura, come ci ricorda la moderatrice dell'incontro Francesca Capossele attraverso le famosa citazione di Sartre «L'inferno sono gli altri» o tramite l'esempio del «legno storto dell'umanità» di Kant. Tuttavia la letteratura ci offre un viatico e lo offre soprattutto ai protagonisti di questi due libri: uno commerciante di libri che i libri non legge apprezzandone la forma; l'altro ricco proprietario di una gastro-libreria che accompagna i libri con piatti d'alta cucina. Non è questa l'unica caratteristica che condividono le due figure: entrambi sono caratterizzati da una solitudine (ricercata o subita) contro la quale inevitabilmente combattono. Il vortice solipsistico che li risucchia è in entrambi i casi scaturito dall'amore per una donna che, fisicamente o no, non è più presente, e da tale abbandono nasce un indiscriminato disprezzo per gli altri esseri umani. L'indagine su cosa sia questa "barriera" che li separa dal mondo è ciò che attrae i due scrittori e li spinge nel processo creativo.

I libri sono il mezzo che permette la ricerca e, nel caso di Pallavicini, questa si risolve con un momento d'ironia. Infatti il romanzo, lontano da essere un testo che «fa venire voglia di spararsi», ci rassicura l'autore, sbriglia le tensioni interne sempre con un momento di riso. Questa la soluzione, almeno temporanea, per il male che lo assale nei momenti più bui. Per il personaggio di Sualzo il dolore è manifestato con pudore lungo tutto lo spazio narrativo e trova l'apice in un momento di agnizione nel rapporto con il nipotino, grazie al quale capirà che nella vita ci sono cose non si ripetono più ma non per questo il futuro è meno interessante.

Lo scrittore, per la maggior parte del tempo chiuso in casa con carta e penna (o matite/pastelli), vive per sua natura segregato dalle altre persone, ma è proprio attraverso questo allontanamento che è capace di conoscere più a fondo la natura umana e fare dono al lettore di un punto di vista unico: il suo.

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